Missioni Consolata - Aprile 2021

senza nulla da mangiare, decine di chilometri per cercare un rifu- gio sicuro. È drammatico quanto sta succedendo. I civili fanno fa- tica a capire che senso abbia questa guerra». Questa situazione impedisce l’accesso degli operatori umani- tari, cosa che rende impossibile verificare sul campo tutte le de- nunce di violazioni dei diritti umani. «Se i civili sono stati deliberata- mente uccisi da una o più parti in conflitto, queste uccisioni costi- tuiscono crimini di guerra. Ci sarà bisogno di indagini indipen- denti, imparziali, approfondite e trasparenti per stabilire la re- sponsabilità e garantire la giusti- zia», dichiara la responsabile delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, che descrive gli incidenti «strazianti» e «spaventosi». In un mese, l’esercito federale di Addis Abeba, coadiuvato dalle milizie amhara, invade tutta la re- gione. Analisti militari accusano l’Eritrea di essere scesa in campo. Il go- verno di Asmara, che nel 2018 ha siglato un accordo di pace con Addis Abeba, avrebbe ac- cettato volentieri di sostenere l’esercito etiope per vendicarsi di quella dirigenza tigrina che per una ventina di anni gli si era contrapposta. A puntare il dito contro l’Eritrea sono soprattutto gli Stati Uniti. Grazie a immagini satellitari, co- municazioni intercettate e nume- rosi report, gli Usa avrebbero raccolto le prove del coinvolgi- mento dei soldati di Isaias Afewerki. Tra i loro reparti ci sa- rebbero anche numerosi somali che Mogadiscio aveva inviato ad addestrarsi nei campi militari eri- trei e che si sarebbero trovati a combattere contro i Tigrini. In Somalia il caso è sollevato in parlamento, ma il governo del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Farmaajo non offre ri- sposte convincenti e, al mo- mento, si sa solo che alcuni mili- tari di Mogadiscio sono morti (anche se le autorità affermano che sono morti durante l’adde- stramento). Quella che sembra una vittoria semplice, però, potrebbe trasfor- marsi in una sorta di Vietnam per gli etiopi. Le forze del Tigray hanno ripiegato sulle montagne. Si sono rifugiate in una regione che conoscono bene, dove per anni hanno combattuto contro il regime di Menghistu e dove, si ETIOPIA 12 aprile 2021 MC © Ashraf Shazly / AFP dice, abbiano sempre tenuto in efficienza, e ben forniti di armi, alcuni rifugi. IL TIGRAY OGGI «A Macallè la situazione sembra tranquilla, apparentemente paci- fica. Non si vedono poliziotti per strada. Ci sono solo alcuni agenti della polizia federale nella sta- zione principale e nelle vie prin- cipali. Le strade sono pattugliate da soldati armati che si muovono su veicoli equipaggiati con mitra- gliatrici. Ci sono alcuni posti di blocco in punti strategici della città, come i valichi. L’elettricità arriva nelle case, i telefoni fun- zionano, ma non ci sono collega- menti Internet. Il cibo è disponi- bile, il sistema bancario funziona, i prezzi sembrano normali». Sono queste le impressioni di un testimone, rientrato da poco dal Tigray e che vuole mantenere l’anonimato. Le sue parole tra- smettono un’immagine tranquilla della capitale del Tigray, ma la realtà pare più complessa. «Le persone - continua la nostra fonte - sono caute, alcune non vogliono uscire di casa, non vo- gliono essere chiamate, altre sono traumatizzate. Le donne hanno paura a uscire perché te- mono di essere violentate. Tutti raccontano storie orribili dei giorni in cui, a novembre, la capi- tale del Tigray è stata al centro dei combattimenti». " Impossibile verificare le denunce di violazioni dei diritti umani. *

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