Missioni Consolata - Marzo 2021
4 chiacchiere con ... Vero, e a quella casa fece se- guito, nel 1880, una scuola per le bambine, perché non soppor- tavo l’idea che il mondo delle ragazze adolescenti fosse ta- gliato fuori dal progresso che stava arrivando anche nel cuore profondo dell’Argentina. Spronasti la gente anche a costruire nuove strade, ponti in muratura, uffici postali e persino una ferrovia, ma lo sforzo maggiore lo dedicasti alle scuole rurali. Miglio- rando le possibilità di comu- nicazione e accrescendo la loro cultura aumentavi il benessere comune. Bisogna dire che lungo tutta la mia vita ho profuso instancabil- mente il mio impegno civile e religioso per spingere i miei par- rocchiani alla costruzione di in- frastrutture per migliorare le co- municazioni e uscire dall’isola- mento. Nelle località più isolate, soprattutto, stimolavo anche a far sorgere case di accoglienza per i poveri e gli infermi oltre a scuole rurali per i bambini e i ra- gazzi più bisognosi. Nemmeno il freddo o la pioggia ti facevano desistere dal promuovere incontri di catechesi per la formazione del tuo popolo e portare i sacramenti agli ammalati. «Altrimenti il diavolo mi ruba un’anima», ripetevo alla mia gente. Un giorno però il vescovo ti volle con sé nella città di Córdoba e ti nominò cano- nico della cattedrale. Nell’aprile del 1898 accettai di essere nominato canonico della cattedrale di Córdoba e lasciai quindi la parrocchia il 30 mag- gio. Lo feci solo per obbedienza e perché la mia salute non era molto buona, sperando di po- termi curare meglio in città. Ma la città non era per me e il 25 agosto 1902 fui nuovamente no- minato parroco a Villa del Trán- sito, dove rientrai il 3 ottobre, ri- nunciando al canonicato. Per quanto gratificante fosse il ruolo di canonico della catte- drale, sentivo sempre più impel- lente la necessità di stare vicino alla gente per alimentare in essa la speranza di un futuro mi- gliore e vivere con dignità la sua esistenza, specialmente quella dei più poveri. Rientrato a Villa, hai conti- nuato a scegliere quelli che erano in condizioni più diffi- cili, senza guardare a rischi personali. La vita dei più poveri era più im- portante della mia. E i più poveri erano i lebbrosi. Sì, nella mia parrocchia c’erano anche leb- brosi che erano abbandonati da tutti, ma Dio non li aveva dimen- ticati. Per questo li visitavo rego- larmente. Tra di loro c’era un lebbroso che aveva un brutto carattere, bestemmiava e nes- suno voleva avvicinarsi a lui. Riuscii ad avvicinarlo e lo visi- tavo regolarmente: gli portavo 70 marzo 2021 MC da mangiare, lo pulivo e bevevo il mate con lui. Era il mio modo per dimostrargli quanto valesse agli occhi di Dio. Bevendo il mate con lui ti sei preso la lebbra. Sì, visitando i lebbrosi sono di- ventato anch’io lebbroso. Ho dovuto lasciare la parrocchia e ritirarmi presso una mia nipote, perché ero diventato molto de- bole e quasi cieco. Io che una volta ero come un cavallo di razza, pieno di energia, dovevo farmi aiutare per le mie neces- sità e anche per celebrare la messa. «Ma è un grandissimo favore che mi ha fatto Dio No- stro Signore liberandomi com- pletamente dalla vita attiva e la- sciandomi solo con la vita pas- siva, voglio dire che Dio mi ha dato come occupazione... di pregare per gli uomini passati, per quelli presenti e per quelli che verranno fino alla fine del mondo». I l «cura gaucho» morì, o meglio visse la sua Pasqua, a Villa del Tránsito il 26 gennaio 1914, tre mesi dopo aver scritto una let- tera al suo vescovo, in cui diceva: «Ora ho tutto pronto per il viaggio» («Ahora tengo ya los aparejos listos pa’l viaje»). È certo, fosse anche solo per la complicità della comune ori- gine argentina, che papa Francesco ha sempre stimato molto «el cura gaucho». Anzi, c’è da scommettere che quando nella messa crismale del 2013 (la prima nella sua nuova veste di «vescovo di Roma») ha chiesto ai preti di essere pastori zelanti con «l’odore delle pecore», pensava a lui. Come del resto ha lasciato trasparire alla sua canonizzazione, quando lo ha defi- nito: «Pastore che odorava di pecora, che si fece povero tra i poveri, che lottò sempre per stare vicino a Dio e alla gente, che fece e continua a fare tanto bene come carezza di Dio al no- stro popolo sofferente». Nel 1916, in suo onore, la cittadina argentina di Villa del Trán- sito dove morì, assunse il nome di Villa Cura Brochero. Dichiarato venerabile da papa Giovanni Paolo II nel 2004, bea- tificato da papa Francesco il 14 settembre 2013 dopo il ricono- scimento di un miracolo a lui attribuito, è stato canonizzato il 16 ottobre 2016. I suoi resti mortali sono venerati nel santuario della Madonna del Transito, a Villa Cura Brochero, mentre la sua festa liturgica è stata fissata il 16 marzo. Come ultima sottolineatura segnaliamo che cresce sempre più in Argentina, come in altre parti dell’America Latina una richie- sta abbastanza originale: che il santo sacerdote José Gabriel del Rosario Brochero, sia proclamato «protettore per il turismo equestre e per i cavalieri e le amazzoni che lo praticano». I missionari e missionarie della Consolata lo hanno scelto come loro protettore e modello per questo anno 2021. Don Mario Bandera
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