Missioni Consolata - Marzo 2021

DAVANTI ALLA STAZIONE Dal 2019, con un flusso di arrivi notevole (almeno 15mila persone secondo i dati ufficiali dell’Agen- zia europea Frontex), l’impegno dei volontari di Linea d’ombra in Piazza Libertà è diventato quoti- diano. I viaggi solidali si sono in- terrotti, in particolare con l’arrivo del Coronavirus, e oggi l’attività è concentrata proprio lì. «Abbiamo appena ricevuto noti- zie da una famiglia iraniana che è passata qualche settimana fa da Trieste, dopo avere superato la rotta balcanica. È riuscita ad arrivare in Francia e, da lì, ha raggiunto la casa di un parente in Germania, dove ora sta bene», ci racconta Franchi a fine no- vembre con sollievo. «Li ricordo bene, perché ci ha impressio- nato il fatto che fosse la loro fi- glia di 7 anni, che parlava in- glese, a relazionarsi con noi per fare capire i loro bisogni». Storie. Tante storie che i volon- tari di Linea d’ombra e di altre associazioni con le quali Linea d’ombra collabora, incrociano ogni giorno. Oltre all’associa- zione di Lorena e Gian Andrea, infatti, in Piazza Libertà sono pre- senti quotidianamente l’Ics, Con- sorzio italiano di solidarietà, che agevola le pratiche di asilo per i pochi che non vogliono conti- nuare il viaggio verso Nord; l’as- sociazione Strada SiCura, con dottoresse che medicano le fe- rite; e c’è chi si occupa di prepa- rare un pasto caldo, di distribuire i vestiti e le scarpe donati. Tra i migranti che arrivano a Trie- ste, alcuni si fermano per chie- dere la protezione umanitaria: è la scelta di una giovane medico siro palestinese fuggita dalla guerra, che oggi aiuta a curare le ferite di chi arriva, così come quella emblematica e dramma- tica di Umar Adnan, un ragazzo pachistano oggi poco più che ventenne, partito da solo a 18 anni dal suo paese, dopo un’in- fanzia segnata dallo sfrutta- mento lavorativo, e arrivato in Italia dopo aver subito, tra le al- tre cose, le angherie di un gruppo di poliziotti croati al con- fine: «Mercoledì 25 settembre 2019 ho incrociato Adnan lungo la strada che scende dal confine di Velika Kladusa in Bosnia Erze- govina, dopo che era stato cattu- rato, seviziato e respinto dalla polizia croata. Gli avevano tolto le scarpe e lo avevano torturato con una sbarra incandescente scorticandogli la gamba», scrive inorridita Lorena in quello che è poi diventato un appello rivolto all’Unione europea intitolato «Torture ai confini d’Europa», dif- fuso tramite la piattaforma change.org , dove ha raccolto quasi 70mila firme. LA DISUMANITÀ Fornasir ricorda nel testo del suo appello anche un’altra persona che però non ce l’ha fatta: si chiamava Alì. «Nel febbraio 2019, Alì era stato catturato e la polizia croata, dopo vari maltrat- tamenti, dalla Croazia lo aveva respinto in Bosnia, tra la neve e il gelo, levandogli vestiti e scarpe. Alì era ritornato a Velika Kladusa a piedi, tra la neve, vagando per ore. I suoi piedi si erano conge- lati ed erano andati in necrosi. Dopo mesi di sofferenze, Alì è morto sabato 21 settembre, a causa della disumanità». Molte persone, non solo Lorena e Gian Andrea, hanno tentato di alzare la voce per Alì, ma nes- suna autorità, Onu compresa, è riuscita a evitare la sua morte. È andata meglio, nonostante tutto, a Umar Adnan che incon- triamo in Piazza Libertà dove, una volta recuperato l’uso della gamba ferita, oggi offre aiuto a sua volta ai nuovi arrivati, e scatta foto molto utili a Linea d’ombra per documentare e * ITALIA 58 marzo 2021 MC " Alì, respinto dalla polizia croata e lasciato nella neve senza vestiti e scarpe, è morto dopo mesi di sofferenze a causa della disumanità. © Lorena Fornasir © Lorena Fornasir

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