Missioni Consolata - Marzo 2021

45 marzo 2021 Cile, Plaza Dignidad sogno di prosperità, un pezzo di terra e che in- vece si ritrovarono in mezzo a un conflitto che non conoscevano. Il governo socialista di Allende (1970-1973) avviò una riforma per l’esproprio dei latifondi e la loro statalizzazione o redistribu- zione ai contadini e ai popoli originari. La ditta- tura, sostenuta dai grandi proprietari fondiari, non solo interruppe questo processo, ma varò una controriforma agraria attraverso cui le terre confiscate vennero restituite ai vecchi detentori. E i Mapuche, in gran numero contadini e comu- nisti, furono tra i primi obiettivi della repressione seguita al golpe. Le ferite procurate da secoli di conflitti sono pro- Qui: la mapuche Juanita Millal con un «kultrun» (stru- mento tradizionale indigeno); la Millal è una candidata mapuche per la «Lista del pueblo» che si presenterà alla competizione elettorale per la formazione dell’Assem- blea costituente. | A sinistra: la «wenüfoye», la bandiera dei Mapuche. I Mapuche non riconoscono la proprietà privata della terra. fonde: sottomissione, razzismo, conversioni for- zate, culture cancellate. Lo scontro tra stato e movimenti indigenisti è ancora vicenda di cronaca. Uno dei casi che ha destato maggiore indignazione nell’opinione pubblica cilena è stato quello dell’uccisione di Camilo Catrillanca per mano del comando Jun- gla, una squadra speciale di carabineros , adde- strata tra Colombia e Stati Uniti per svolgere operazioni preventive nelle regioni del Bio Bio e dell’Araucania, dove è più presente la popola- zione mapuche. Il giovane contadino mapuche è stato freddato mentre lavorava il suo campo, esattamente un anno prima dello scoppio della protesta di Plaza de la Dignidad. Il «colonialismo giuridico» dello stato cileno Oggi, nel processo costituente in atto, i Mapuche vedono un’opportunità. Il «colonialismo giuri- dico» si manifesta anche nella grande omissione della Costituzione, l’unica in America Latina a non menzionare i popoli indigeni. In tal modo non sono tutelate le lingue e le culture, né tan- tomeno riconosciuti - anche solo parzialmente - gli istituti, le norme e le consuetudini che carat- terizzano la vita dei nativi del subcontinente americano fin dall’epoca precolombiana. Ecco perché una delle richieste più condivise della mobilitazione attuale è per una nuova Costitu- zione «plurinazionale». «Partecipiamo al processo, vogliamo una nuova Costituzione che riconosca le varie nazionalità presenti in Cile, come è successo in Brasile e Bo- livia di recente», spiega Jessica Cayupi, avvocata e portavoce della Rete delle donne mapuche. E continua: «Chiediamo diritti collettivi come po- polo: libertà di insegnamento della nostra lingua, di cultura, autodeterminazione. E terre. Non vo- gliamo essere indipendenti, è un risarcimento per tutto ciò che ci è stato tolto in passato. La nuova Costituzione, scritta con la partecipazione diretta dei popoli originari, è il primo passo». Una cultura di libertà e dignità «I Maya e gli Aztechi hanno lasciato templi e pi- ramidi, gli Incas il Cuzco. Perché dovremmo es- sere orgogliosi della cultura mapuche? - si chiede il filosofo Gastón Soublette -. Sono gli unici che non si sono arresi agli spagnoli. A questa resi- “ © Claudio Reyes / AFP

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