Missioni Consolata - Marzo 2021
che sembrerebbe molto chiara e definita, ma che viene continua- mente messa in discussione dalla storia che attraversiamo con gioie e dolori, con successi anche insperati e fallimenti im- pensati. A differenza di tanti eroi della storia, esaltati come prede- stinati, Mosè si direbbe desti- nato soltanto a un’esistenza di normale fallimento. EROE O UOMO QUALUNQUE? A leggere bene la sua storia, il più grande personaggio della storia ebraica, colui che parlava con Dio faccia a faccia (Es 33,11), ha una caratteristica sorpren- dente: non è perfetto, e non tutto gli va bene. Se lo guardassimo con gli occhi di un ebreo perseguitato e op- presso, Mosè, che è cresciuto alla corte del faraone, è un privi- legiato. Se invece ci mettessimo nei panni del faraone, non sa- rebbe difficile definirlo un tradi- tore ingrato. Quando prende consapevolezza della triste sorte dei suoi fratelli e ne prende le parti (2,11), finisce però con l’uccidere, macchian- dosi del peccato peggiore da cui, nella Genesi, Dio chiedeva che anche i non ebrei si tenes- sero lontani (Gen 9,5-6). Tra l’al- tro, prima si limita a nascondere il cadavere, ma poi, quando viene a sapere che il fatto è risaputo, anziché assu- mersi le conseguenze del proprio gesto, fugge fuori dall’Egitto (Es 2,14-15): al posto di un «eroe senza macchia e senza paura», ab- biamo qui uno spa- ventato assassino e un liberatore fallito. Potremmo dire che la sua sorte si tra- sforma quando ar- R MC MOSÈ: CHI È COSTUI? Mosè è un ebreo, ma cresce alla corte del faraone. È la figlia di quest’utimo a dargli un nome che sembra egiziano, con il signi- ficato di «figlio di». Solitamente è la seconda parte di un nome ( -mosis/-mses ) a cui si premette quello di una divinità come in al- cuni nomi di faraoni, tipo Ah-mo- sis, Tuth-mosis, Ra-mses. Nello stesso tempo, però, l’eti- mologia offerta nel testo è se- mita: «Tirato su dalle acque». Eti- mologia perfetta e adattissima, se il nome fosse Musai , non Mosè che vuol dire piuttosto «che tira su dalle acque»: è già un’allusione al passaggio del Mar Rosso? Mosè cresce alla corte del faraone, ma si ricono- sce negli ebrei perseguitati. Inter- viene a difendere uno dei suoi «fratelli» (2,11-12), ma per questo viene rimproverato dagli stessi suoi fratelli (2,14). È cresciuto alla corte, ma il faraone lo cerca per ucciderlo (2,15). È un profugo fug- gitivo, ma sposa la figlia di un uomo importante, un sacerdote (2,21). Ogni volta che ci sembra che l’identità di Mosè sia fissata, viene rimessa in discussione. In fondo, non facciamo fatica a ri- conoscerci in lui: anche noi ab- biamo un’identità di partenza pare, gli autori di Esodo, in que- sto, ci capiscono. • La seconda è che il racconto scorre piacevole anche per la presenza di diversi spunti ironici. Eccone alcuni. Il faraone vorrebbe negare una discendenza agli ebrei, ma sarà invece Dio a garantire una di- scendenza alle levatrici che non lo ascoltano (1,17-18.21). Ciò che il faraone voleva impe- dire verrà portato a termine da un uomo allevato dalla sua stessa figlia (2,5). Questa, peral- tro, affida l’incarico di balia, a pa- gamento, alla madre di Mosè che aveva dovuto abbandonarlo (2,7- 9), e che in questo modo può ac- cudirlo apertamente e, persino, protetta e stipendiata. Le due caratteristiche che ab- biamo qui richiamato, ossia il si- lenzio apparente di Dio e l’ironia, probabilmente sono collegabili. La storia può essere ironica per- ché non è nelle mani dei più po- tenti, ma di Colui che può fin- gere di essere assente per por- tare però i potenti a fare ciò che vuole Lui. Il fatto che Dio sembri mancare dalla scena, non signi- fica che non ci sia: semplice- mente, lavora dietro alle quinte. E chi non vuole vederlo, resterà convinto che lui non esista. 33 marzo 2021 MC Qui: il piccolo Mosè affidato alle cure della propria madre diventata nutrice al servizio della figlia del Faraone. *
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