Missioni Consolata - Dicembre 2020
4 chiacchiere con... Ci spieghi come mai un pisano come te lasciò il Ducato di Toscana, brillante per la sua cultura e le arti, per andare a insegnare a Padova? Andai a Padova anzitutto per- ché la sua era una delle più anti- che e prestigiose università ita- liane, ma soprattutto per la posi- zione del governo della Serenis- sima che la faceva essere una delle università con la maggiore libertà di pensiero e ricerca scientifica, rispetto a quelle di tutti gli altri stati europei, sia cat- tolici che protestanti. E per me quello, innamorato della mate- matica e della ricerca scientifica, era il posto ideale. Il 9 ottobre 1604 nei cieli europei una supernova eccezionale fece vacillare tutte le teorie astronomiche ufficiali del tempo. Fu un fenomeno che ebbe molti osservatori, perché il quel periodo c’era una spettaco- lare congiunzione di Giove e Saturno. Era il momento buono per fare oroscopi e anche tu ne approfittasti per farne a pagamento. Insegnavo matematica e astro- nomia (ancora tolemaica, anche se nel cuore cominciavo a es- sere copernicano). A quel tempo astronomia e astrologia viaggiavano insieme, convinti come si era dell’influsso degli astri nella vita delle persone. Per cui in molti mi chiedevano oroscopi. Quella supernova, osservata e documentata dal suo nascere al suo scomparire, aveva comin- ciato a mettere in discussione la concezione allora dominante sulla natura del cielo e delle stelle. Non era una cometa e neppure un pianeta scono- sciuto. Cos’era e da dove ve- niva? Così mi sono messo ad approfondire e, quando nel 1607 degli occhialai olandesi co- struirono il primo cannocchiale, intuii le possibilità offerte da quello strumento che permet- teva di vedere lontano. Così costruisti il tuo primo cannocchiale (chiamato poi nel 1611 telescopio) modifi- cato e perfezionato, e nel 1609 lo presentasti al go- verno della Serenissima. Il nuovo strumento mi permise di acquisire informazioni precise sulla luna. Scoprii che la sua su- perficie non era liscia come pensavano gli antichi, ma pre- sentava delle irregolarità. Il can- nocchiale mi diede modo di stu- diare anche la Via Lattea, che si rivelò un insieme di stelle lonta- nissime, che allargavano all’infi- nito i confini dell’universo. Os- servai pure che i pianeti del si- stema solare avevano dei satel- liti e scoprii anche i quattro maggiori satelliti di Giove. Scru- tando il sole, poi, vidi con una certa sorpresa che sulla sua su- perficie c’erano delle macchie. Le scoperte vennero pubblicate nel 1611 nell’opera Sidereus Nuncius , che inviai al granduca di Toscana Cosimo II de Medici, il che mi valse una posizione da insegnante a Firenze. Quali erano le idee nuove che tu presentasti? I miei studi mi portarono a so- stenere l’autonomia della scienza da filosofia e teologia. Lo esprimo in modo semplifi- cato: proponevo che filosofia e teologia (e quindi la Bibbia) do- vessero spiegare il perché dell’esistenza del mondo, ma che toccasse alla scienza spie- garne il funzionamento e le leggi. Per me solo la scienza po- teva dare una conoscenza va- lida della natura. «È l’intenzione dello Spirito Santo d’insegnarci come si vadia al cielo e non come vadia il cielo», scrissi a Caterina de’ Medici, citando una frase del cardinale Cesare Baro- nio, per spiegarle questo con- cetto. Nel 1611, la Chiesa e il Sant’Uffizio iniziarono a pre- stare attenzione alle tue opere, e nel marzo di quel- l’anno fosti convocato a Roma, da papa Paolo IV. Là ti venne ribadito che il 74 dicembre 2020 MC © Copernico. - china di Paul Gicuhi / The Seed nuovo metodo scientifico e il sistema copernicano con- traddicevano i testi sacri. Qualche anno dopo, precisa- mente nel 1614, a Firenze, frate Tommaso Caccini lanciò contro i matematici moderni, e in parti- colare contro di me, l’accusa di contraddire le Sacre Scritture con le nuove concezioni astro- nomiche ispirate alle teorie co- pernicane. Avevo infatti ade- rito alle idee di Keplero sui mo- vimenti dei pianeti, tra cui quella in base alla quale la Terra com- piva su se stessa un moto di ro- tazione, e alla teoria eliocentrica enunciata nel De revolutionibus orbium coelestium del 1543 dall’astronomo polacco Niccolò Copernico, per cui non il Sole girava attorno alla Terra, ma il contrario. Il clima iniziò a farsi teso per i sostenitori di queste idee, e nel 1616 i teologi della Chiesa di Roma (come an- che i Riformatori protestanti) affermarono che le idee co- pernicane erano eretiche perché contraddicevano le Sacre Scritture e le opinioni dei Padri della Chiesa. Fu in quel periodo che formulai il metodo scientifico sperimen- tale in una serie di lettere scritte tra il 1613 e 1616, tra le quali la lettera a Caterina de’ Medici, chiamate poi Lettere coperni- cane , e nel Saggiatore , testo del 1623 dedicato allo studio delle comete. In queste due opere mi preoccupai di spie- gare come la Bibbia avesse ca-
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