Missioni Consolata - Dicembre 2020
È un tempo complesso, questo, per i giovani, le famiglie, la chiesa, la pastorale giovanile. ANIMAZIONE AZZOPPATA Noi missionari ci siamo trovati privati della possibilità di fare con i giovani le nostre tipiche esperienze estive in missione, i raduni annuali, i momenti di for- mazione e programmazione. Abbiamo potuto fare solo incon- tri online, e l’incertezza del mo- mento rende praticamente im- possibile programmare qualsiasi cosa. Si vive alla giornata. Questo periodo ci fa vivere con l’ansia, pensando anche, con una certa nostalgia, ai tempi passati (solo qualche mese fa!), nei quali, comunque, non man- cavano i problemi e le eterne li- tanie di lamentele sulle cose che non andavano nella pastorale giovanile. CONVOCARE CON AMORE Una grossa domanda ci inter- pella: cosa sarà della pastorale giovanile quest’anno? Sarà un tempo di riflessione? Dovremo tentare di riprendere quello che abbiamo sempre fatto? Aspet- tiamo e stiamo nell’inerzia? La prima cosa che gli animatori missionari penso possano fare, è di rimanere presenti nella vita dei giovani. Presenti nella quoti- dianità della loro vita. Se non possiamo radunarli per momenti di festa, di attività, per esperienze, possiamo però con- vocarli con il nostro amore, con una presenza qualificata. I giovani soffrono più di altri la solitudine, hanno domande aperte sulla fede, sulla vita, sul futuro. Possono trovare in noi, non le risposte, ma stimoli per percorrere il loro cammino. Se non abbiamo avuto tempo nel passato per un accompa- gnamento personale, adesso, con molta più calma, possiamo farlo. Nell’ascolto a tu per tu con il gio- vane, impareremo a entrare nel suo linguaggio, nei suoi veri in- teressi, nella sua vita. Questo è un aspetto nel quale fatichiamo tanto, quello di capire Un padre missionario di lunga data in quel paese allora ci ha offerto una lettura interessante: il popolo mozambicano ha vis- suto una guerra di venti anni e, durante il conflitto, nessuno po- teva prevedere quando i soldati sarebbero arrivati a massacrare e saccheggiare. Non era possi- bile pensare di mettere da parte niente: i soldati del governo, op- pure i ribelli, a seconda dei casi, avrebbero portato via tutto. Qualsiasi momento, quindi, era buono per festeggiare, appena si racimolava qualcosina. Questa mentalità era rimasta. NON È TEMPO DI DARE COLPE Penso che l’esperienza incon- trata in Mozambico, in qualche modo assomigli a quello che stiamo vivendo tutti noi oggi, e sopratutto i giovani: essi, infatti, assistono all’evolversi della si- tuazione della pandemia pen- sando al loro futuro, alle loro re- lazioni, alla loro vita. Sembrano spavaldi e vengono addossate loro le colpe della ripresa della diffusione del coronavirus per- ché sono andati in giro e hanno fatto movida. Hanno anche, come sempre, disertato la chiesa! Penso però che non sia il mo- mento di dare colpe. i linguaggi dei giovani attraverso i quali siamo chiamati a trasmet- tere il Vangelo. Ci farebbe bene dunque. SCRUTARE I TERRITORI Le povertà più diverse conti- nuano a dilagare. I giovani, nella loro freschezza e nel loro entu- siasmo possono entrare in con- tatto con queste povertà, che spesso sono una scuola di vita. Se quest’anno non potremo fare delle grandi esperienze di massa, possiamo però proporre piccole esperienze significative, per la promozione umana dei poveri nei nostri territori, in- sieme ai nostri giovani. Noi missionari siamo chiamati ad avere uno sguardo particolare alle persone e ai territori. Ecco perché ci teniamo alle espe- rienze in missione, per toccare con mano il vissuto della gente. Se non possiamo andare in Africa o Sud America o Asia, possiamo però scrutare i nostri territori: le povertà, anche nel nostro Occidente, sono tante, ed esigono una nostra presenza per portarvi l’amore di Dio. I giovani possono essere prota- gonisti in questo. TRASMETTERE FIDUCIA Un ultimo appunto riguarda noi animatori missionari, consacrati e laici. Tutti, come ci dice il papa, siamo nella stessa barca, e quindi siamo chiamati a con- frontarci con la realtà, anche con quella della paura del contagio e dell’ansia del vivere. Noi stessi sentiamo questa paura e ansia. Questo ci può aiutare a entrare in contatto con molti giovani che si sentono disperati, che hanno tendenze depressive, soprat- tutto in un periodo stressante e di grande preoccupazione come questo. Dobbiamo essere uomini e donne di grande fiducia, perché i giovani hanno bisogno di ve- derci gioiosi, anche in mezzo ai problemi. È tempo di trasmet- tere fiducia, grande fiducia, nel Signore, nella vita, nella mis- sione. Nicholas Mutoka AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT 69 dicembre 2020 amico MC
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