Missioni Consolata - Dicembre 2020

spesa mi permettono di supe- rare il posto di blocco. La fami- glia afghana che mi ha aiutato a entrare, mi ospita. « Come Al- berto, this is our house ». Padre, madre e due figli. Mi offrono del cibo, anche se ne hanno poco. Ringrazio e cerco di dire che ne hanno più bisogno loro. Mi mera- viglia la loro dignità, presenza e pulizia. Non so come fanno, but- tati a terra in quel modo con poco cibo e scarse possibilità di lavarsi. Io che dormo in una ca- mera con bagno privato sono molto meno presentabile. Il figlio maggiore mi racconta che vivevano in una zona di Ka- dodici giorni. È nato qui, e dopo cinque giorni di vita siamo scap- pati dal campo in fiamme. L’altro ha cinque mesi, è di una mia amica in ospedale a Mytilini con grossi problemi di salute, l’ho adottato, almeno per il mo- mento, poi si vedrà». I bambini tengono allegra la drammatica situazione sulla strada, con i loro sorrisi e la loro spensieratezza. Sono purtroppo abituati a vivere in guerra e po- vertà, ma la loro voglia di ridere e di giocare vince quasi sempre sulla tristezza e dà agli adulti un motivo di speranza per un futuro migliore. INDIETRO NON SI TORNA La sera vado in un locale indica- tomi da alcuni volontari, in cui ci sono parecchie persone da tutta Europa. Lì mi vengono segnalati altri locali di «destra», in cui i vo- lontari non sono ben accetti. Il governo greco è di destra, e l’i- sola di Lesbo è piena di fascisti che fanno ronde. Ci sono stati moltissimi episodi di aggressioni a profughi, volontari e anche giornalisti e fotografi. Le ban- diere nere sono numerose e ben visibili sulle strade isolane. Il secondo giorno mi reco da solo nella zona in cui sono bloc- cate le persone. La polizia mi ferma di nuovo. Rientro in paese, incontro un gruppo di afghani che fanno la spesa e che tor- nano al loro rifugio. Mascherina, occhiali da sole e borse della MC A 61 dicembre 2020 MC Lesbo - Moria | Migranti | Politiche di accoglienza | Europa | Discriminazione 5 4 bul. Da una parte i Talebani, dall’altra il Daesh. Non riusciva ad andare a scuola per le conti- nue sparatorie, il padre lavorava saltuariamente. Hanno quindi deciso di partire per l’Europa. In due anni sono arrivati a Lesbo, dopo aver lavorato per pochis- simo denaro ed essere stati rin- chiusi nei campi turchi. «Non ab- biamo scelta, indietro non pos- siamo tornare». #NO PHOTO, NO PHOTO$ Il terzo giorno, dopo esser nuo- vamente «rimbalzato» al posto di blocco, riesco ad entrare grazie ai ragazzi, tutti molto giovani e pieni di voglia di fare, di una Ong. Mi consigliano di «infilarmi» tra di loro nel momento in cui la polizia concede alla Ong di entrare nella zona. Così accade, dopo circa due ore, con il capo dei poliziotti che raccomanda ai volontari « No photo, no photo ». I governi euro- pei non vogliono che si mostri quel che sta succedendo a 13mila persone bloccate in strada dalla polizia in tenuta antisom- mossa e tenute in condizioni di- sumane, senza cibo, riparo, ser- vizi e assistenza. La sopravvi- venza di questa gente è stata ga-

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