Missioni Consolata - Dicembre 2020

ture, è un forte momento collet- tivo, accompagnato da molti ri- tuali con elementi cristiani e an- cestrali. Nel caso delle comunità conta- dine quechua, il funerale è un tempo comunitario, per questo è molto difficile che si accetti una cerimonia a porte chiuse. È successo nell’altipiano de La Paz: sono arrivati i poliziotti per disperdere il ritrovo di tante per- sone nel cimitero, persone che sono state prese a botte. Qualcuno potrebbe giudicare come ignoranti e testardi gli an- dini, ma si tratta invece di qual- cosa di profondo, perché la pre- senza dei defunti continua viva nella comunità. Il funerale non è un saluto formale a chi non c’è già più. Da qui scaturisce un forte shock culturale tra le co- munità indigene. Tuttavia, poi- ché il controllo dell’ordine so- ciale è quasi inesistente (ci sono pochi poliziotti per vaste esten- sioni di territorio), il lockdown governativo è sempre aggirato con facilità. Il villaggio di Vilacaya, dove noi operiamo da più di sette anni, si trova in un’area povera e arida. Qui ci sono centri sanitari pub- blici nelle comunità più grandi, però il medico e l’infermiera visi- tano anche le borgate minori. Il sistema sanitario è gratuito da due anni, ma gli ambulatori sono poco forniti di medicine. In ogni caso, durante questa emergenza, hanno fatto una buona campagna di preven- rus, è meglio spostarsi nelle aree rurali, dove i saperi tradi- zionali sono ancora molto vivi. Prima di tutto, ci sono i medici tradizionali che si sono mossi e si sono incontrati per cercare in- sieme soluzioni alla malattia. Allo stesso tempo, si è attivata la profonda conoscenza della natura che un po’ tutti possie- dono: le erbe aiutano a supe- rare la malattia o a prevenirla. Ogni cultura, poi, ha sviluppato nei secoli terapie che compren- dono anche un ambito spirituale e il contatto con le forze cosmi- che. Comunque, i contagi nell’area rurale sono stati pochi, come le morti. Forse per la bassa den- sità di popolazione. Forse anche per la vita più sana della gente benché - questo sia ben chiaro - viva in una condizione di po- vertà cronica. O forse - davvero - i saperi medici indigeni hanno le armi per combattere il coro- navirus. Detto questo, è stato però inevi- tabile uno scontro culturale tra gli usi e costumi delle comunità e le regole contro la pandemia imposte dalle autorità. In parti- colare sui modi con cui affron- tare l'evento della morte che, nella maggior parte delle cul- zione, insegnando i comporta- menti adeguati per non conta- giarsi, e distribuendo masche- rine alle famiglie. Tra gli opera- tori sanitari ci sono stati molti contagi e anche alcune morti. IMPROVVISAZIONE POLITICA Un altro aspetto della pandemia da sottolineare è la sua in- fluenza sulla politica nazionale. Fin dall’inizio, alcuni analisti hanno previsto che molti go- verni in America sarebbero stati messi alla prova dall’emergenza sanitaria, e si sarebbero raffor- zati oppure indeboliti, a se- conda della gestione e politica che avrebbero attuato. Così è stato in Bolivia (non en- triamo nel merito di altri paesi, anche se si potrebbe dire lo stesso): dopo i tumulti sociali che l’anno scorso hanno ribal- tato il risultato elettorale, che vedeva di nuovo Evo Morales come vincitore, il paese è stato guidato da un governo di transi- zione, con a capo la presidente Jeanine Áñez, in vista delle nuove elezioni. La pandemia ha fatto rimandare la data del voto almeno tre volte, l’ultima con grande tu- multo popolare che ha paraliz- zato il paese per circa due setti- mane in agosto. Infatti, i parla- mentari del Mas (il partito di Evo Morales, con la maggioranza di eletti) avevano cocciutamente imposto la data per inizio set- tembre, con grande rischio di contagi (già si calcolava che In basso: donna indigena del di- partimento di Potosí. | Qui sopra: un’infermiera al lavoro durante la pandemia nel villaggio di Vilacaya (Potosí). * 57 dicembre 2020 MC © Stefania Raspo / MC I saperi tradizionali sono ancora vivi. E sono stati usati anche contro il virus. " MC A

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=