Missioni Consolata - Dicembre 2020

48 dicembre 2020 ossier profughi già trasferiti in Italia, tra cui bambini malati, persone disabili, vedove di guerra con figli, e anziani». E concludeva: «Mi rallegro anche perché questa iniziativa è ecumenica, essendo sostenuta da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche italiane, Chiese valdesi e metodiste». Si sarebbe aggiunta in seguito, tramite un ac- cordo con la Comunità di Sant’Egidio, la Cei per un Corridoio dal Corno d’Africa. Tutta l’esperienza dei Corridoi umanitari rap- presenta un esempio evangelico e di ecumeni- smo della solidarietà e della giustizia. Un esempio per le persone di buona volontà, per non abbassare la soglia del nostro «rimanere umani», in un tempo difficile. È l’immaginazione evangelica nella storia. Conosco, con le sorelle e i fratelli valdesi, la fa- tica costruttiva di aprire varchi di disponibilità nella compagine delle Chiese in Europa. Oltre all’Italia, la Francia ha visto la collabora- zione della Chiesa riformata, mentre partner in Europa sono anche diversi vescovi luterani te- deschi. A Lesbo, un protocollo di collaborazione è stato siglato con la Metropolia ortodossa di Mitilene. Si prosegue l’impegno perché in modo crea- tivo e efficace, si possa ecumenicamente of- frire il diritto al futuro e alla pace ai profughi siriani, eritrei, sud sudanesi, e a tutti coloro che soffrono violenza, persecuzione e tortura, e all’Europa una opportunità per non allontanarsi dall’umanesimo che è alle sue fondamenta. mons. Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere L a ricerca dell’unità dei cristiani ha attra- versato stagioni diverse. Dal Vaticano II a oggi, si è conosciuto entusiasmo, ma anche crisi e nuove di- stanze, che hanno rallentato il cammino. La stessa preghiera sacerdotale di Gesù e l’im- perativo a essere una cosa sola, sgorga dal cuore della Passione, dentro un confronto ago- nico con il male. Il Male è anzitutto divisione. E i suoi frutti sono terribili. Il Concilio Vaticano II è stato una risposta dello Spirito, dopo la tra- gedia della II Guerra Mondiale. La ricerca dell’unità si oppone alle derive cen- trifughe che lacerano i cristiani e i popoli. Oggi, in un tempo di rinascenti nazionalismi, appare necessario un sussulto di audacia, per porre la questione dell’unità in un mondo globalizzato e drammaticamente diviso. L’indifferenza o la disunione tra le Chiese suonano troppo simili alle chiusure nazionali di fronte alle migrazioni, ai conflitti, carestie, disastri ambientali. Per questo i cristiani non possono condividere - anche se dolorosamente accade - il cinismo e il rifiuto opposto da populismi e paura. Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti , ha offerto un antidoto alla separazione e alla cul- tura dello scarto: la fraternità universale, sola medicina per le grandi piaghe dell’umanità. Le stesse confessioni cristiane, «insieme», sono invitate a non conformarsi al pensiero corrente e a lavorare per un’umanità riconci- liata e inclusiva, di cui loro stesse siano segno. Per questo, il tema dei rifugiati e dei migranti, del superamento delle barriere, dell’integra- zione e dell’accoglienza, incrocia e provoca il cammino ecumenico per una risposta profonda e contagiosa alla «globalizzazione dell’indiffe- renza». Il 6 marzo 2016, all’Angelus, papa Francesco citava come segno concreto di impegno per la pace e la vita, proprio «l’ini- ziativa dei Corridoi umanitari per i profughi, avviata ultima- mente in Italia. Questo pro- getto pilota, che unisce la solidarietà e la sicurezza - di- ceva -, consente di aiutare per- sone che fuggono dalla guerra e dalla violenza, come i cento Ecumenismo dell’accoglienza

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