Missioni Consolata - Dicembre 2020

«Per favore, scrivi grazie, grazie molte, grazie agli amici italiani che ci hanno aiutati. Molto molto gentili», aggiunge ancora Farid. I due sposi parlano dell’Italia solo in termini po- sitivi. Domandiamo loro se è proprio tutto bello, se non ci sono difficoltà: ad esempio con la lin- gua, con lo stile di vita, la cultura. «Per la lingua», racconta Amira, «prima pensavo che è difficile, però ho studiato tantissimo grazie a un gruppo bellissimo di maestre: una veniva al mattino e poi l’altra al pomeriggio». «Tredici maestre», precisa Farid: «Io ho studiato tre mesi, poi ho iniziato a lavorare. Il problema è stato che nel primo lavoro come muratore non c’erano ita- liani: erano rumeni, albanesi. Anche per loro era difficile l’italiano. Ci dicevamo: “Va bene”, “ciao”, “grazie”, “vuoi caffè?”», Farid ride ricordando quel periodo. «Adesso, grazie a Dio, lavoro in la voce, «un criminale di guerra. In Siria molte persone sono morte per le bombe. In strada ho visto un braccio così, un piede là». Farid ci mo- stra a gesti quello che ha visto dopo i bombarda- menti e l’incursione delle forze sciite nella sua città. «Un uomo con la testa così», fa un segno all’altezza della tempia, «oh… mamma!». «Anche l’Italia ha avuto la guerra tanti anni fa», prosegue, «ci sono stati tanti morti. Quanti anni è durata la guerra in Italia? Adesso, in Siria, da 10 anni. E poi sono arrivati Turchia, Russia, Iran, Hezbollah, Iraq: tutti in Siria a fare guerra», ride amaramente, «Morti, morti, morti». «Io ho visto la guerra in Siria per due anni», ag- giunge Amira. «Poi è arrivato l’aereo, sono arri- vate le bombe, e io sono scappata in Libano. Poi è venuto anche Farid, perché era pericoloso. Io pensavo: questo mese finirà, poi un altro mese… però no! Anche la nostra casa è stata distrutta». Si zittiscono entrambi. Amira e Farid sembrano a disagio, fanno fatica a raccontare della guerra. Dopo un anno dal loro arrivo in Italia, Amira è andata in una scuola a parlare agli studenti: «Due volte. È stato difficile. I ragazzi hanno fatto tante domande. Mi hanno chiesto della guerra, cosa ho visto in Siria. Quello è difficile per me: raccontare cosa ho vissuto. Sono andata due volte, però la terza no. No. Basta». E conclude: «I ragazzi erano tristi per noi in Siria, per i bimbi, per tutti». L’accoglienza italiana Lasciamo cadere il discorso della guerra. Amira e Farid preferiscono parlare della loro nuova vita. Soprattutto degli amici italiani, alcuni dei quali sono diventati come fratelli per loro. «Tutte persone ita- liane: cento per cento», dice Farid. «Giorgio è bravissimo», aggiunge Amira riferendosi a Giorgio di Rosbella che li ha accolti, grazie all’aiuto di altre cento persone, quasi in casa sua. «Quando siamo arrivati qua, piano piano, par- lando con lui, l’ho sentito come mio fratello. Poi abitavamo uno sopra l’al- tro. Quando c’era qualche problema lo chiamavo, e lui ci aiutava». ossier 38 dicembre 2020 © Afp photo / Ho / Shaam News Network © Afp photo / Ho / Shaam News Network Sopra: 26 maggio 2012, la sepoltura dei corpi avvolti in lenzuola bianche delle oltre 100 persone uccise nella città siriana di Houla durante il massacro di cui ci hanno parlato Amira e Farid. Foto rilasciata dallo Shaam News Network dell’opposizione siriana. Qui: la distruzione a Houla, nella pro- vincia centrale di Homs, nuovamente attaccata, secondo gli attivisti dell’op- posizione, dalle forze del regime il 6 novembre 2012. Foto rilasciata dallo Shaam News Network.

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