Missioni Consolata - Dicembre 2020

31 dicembre 2020 MC nale in base a criteri sociali e se l’incasso non bastava per fare fronte a tutte le spese o agli in- vestimenti da effettuare, provve- deva il Comune con integrazioni di altra natura. Nel 1990 s’incrina questa logica istituendo le aziende speciali . Da un punto di vista linguistico la differenza è impercettibile, ma da un punto di vista giuridico è abissale. L’azienda speciale, pur essendo di proprietà del Co- mune diventa un corpo a se stante, una sorta di figlio mag- giorenne che deve arrangiarsi da solo. D’ora in avanti non può più ricorrere alla mamma Co- mune: deve coprire tutte le spese da sola con i proventi delle sue vendite. I prezzi li de- cide lei stessa non più secondo logiche di equità sociale, ma se- condo logiche di contabilità di bilancio. Per di più è una Spa, società per azioni. Per legge il suo compito è garantire profitti agli azionisti. Un cambiamento totale di prospettiva: la munici- palizzata guardava alla gente, la Spa guarda agli azionisti . Po- tremmo dire «all’azionista» visto che il capitale è del Comune, ma la Spa ha la caratteristica che le quote si possono vendere, e altri soci possono aggiungersi. Le leggi che seguirono aprirono l’ingresso ai privati con le multi- nazionali dell’acqua che cala- rono come cavallette per entrare nelle società pubbliche costituite per gestire gli acquedotti. Così oggi abbiamo mostri come Acea, Hera, A2A, aziende quo- tate in borsa a partecipazione mista pubblico privato che si comportano come delle multina- zionali qualsiasi. E a nulla è valso la schiacciante vittoria del sì ai referendum del 2011 che, di fatto, ha bocciato la gestione pri- vatistica dell’acqua e soprattutto la possibilità di fare profitti sul- l’acqua. Alla volontà popolare sono stati contrapposti cavilli giuridici che hanno avuto la me- glio. Non per la forza dei loro ar- gomenti, ma per la debolezza della nostra resistenza. Francesco Gesualdi (seconda parte - fine) completamento di quello pu- gliese. Dal 1903 gli acquedotti, e molti altri servizi di pubblica utilità, erano gestiti dai comuni secondo la formula delle aziende municipalizzate , entità a metà strada fra l’azienda e l’ufficio tecnico, in ogni caso strutture senza fini di lucro. Una formula introdotta dal governo di Giovanni Giolitti, che pur es- sendo un liberale convinto, so- steneva che certi servizi non potessero essere delegati ai privati. Una convinzione che avrebbero conservato anche i governanti moderni se non avessero ceduto alla pressione di cui le imprese sono state ca- paci. L’offensiva sull’acqua è partita in sordina a inizio anni Novanta, con modifiche di legge su que- stioni tecniche, di quelle bar- bose che capiscono solo gli av- vocati e i ragionieri. È proprio di quei cambiamenti che bisogna avere paura. Fondamental- mente la strategia per fare pas- sare gli acquedotti da una ge- stione pubblica a una privata è stata pensata in due tempi: prima la fase di preparazione del campo, poi l’attacco finale. Il primo obiettivo era fare cam- biare mentalità, scardinare l’i- dea del Comune-comunità che si fa carico dei bisogni fonda- mentali secondo logiche di soli- darietà, per rimpiazzarla con quella del Comune-bottegaio che vende servizi secondo logi- che di mercato. E, per farlo, si è cominciato a cambiare la strut- tura giuridica degli strumenti economici a disposizione dei comuni. È stata l’aziendalizza- zione, la privatizzazione ombra, citata nella precedente puntata. I bracci operativi fino ad allora utilizzati dai comuni per gestire i loro servizi erano le aziende municipalizzate, strutture auto- nome da un punto di vista tec- nico operativo, ma un tutt’uno col Comune da un punto di vi- sta economico e politico. L’a- zienda municipalizzata faceva pagare un prezzo per i servizi che forniva, ma l’ammontare era deciso dal consiglio comu- stile contro il modello socialde- mocratico. Denigrano lo stato, lo accusano di inefficienza, pa- rassitismo. Attaccano i diritti, si scagliano contro l’ugualitarismo che indurrebbe a scarso impe- gno lavorativo. Rilanciano le vecchie parole d’ordine: mer- cato, concorrenza, privato. L’o- pinione pubblica sbanda, ha qualche esitazione, poi si lascia convincere. Il primo sfonda- mento avviene in Inghilterra. Nel 1979 i conservatori vincono le elezioni, Margaret Thatcher, la «Lady di ferro», diviene Primo ministro (incarico che rivestirà fino al 1990). Un decennio du- rante il quale taglia le tasse sui redditi più alti, inasprisce le tasse sui consumi, notoria- mente pagate dai più poveri, e soprattutto privatizza: telefoni, acqua, gas, energia. Blair, che le succede, benché laburista, completa l’opera privatizzando le ferrovie. Destra e sinistra unite dalla medesima fede neo- liberista. STORIA DELLA PRIVATIZZA# ZIONE DELL’ACQUA In Italia l’ondata delle privatiz- zazioni coinvolge anche l’ac- qua, non quella in bottiglia che già era nelle mani dei mercanti, ma quella degli acquedotti. Neanche Mussolini aveva osato tanto. Lui, anzi, aveva fatto co- struire vari acquedotti fra cui il Privatizzazioni | Stato sociale | Acqua pubblica R MC

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