Missioni Consolata - Dicembre 2020

Qui: una donna e una ragazza in fila per la distribuzione di viveri, nel campo di sfollati Site1, nei pressi di Goma. Sullo sfondo un’o- peratrice dell’Onu con i sacchi di cibo. A destra: l’attivista di origini con- golesi John Mpaliza. * * Femmes e torniamo alla mac- china. Regna il silenzio. A infran- gerlo, una volta immessi sulla strada asfaltata, è Caleb: «Adesso capisci come siamo messi? In Congo la donna è il campo di battaglia». Mi squilla il cellulare e sul display compare il nome del funzionario della Monusco. È stato di parola: tra un paio di giorni potremo volare su Bunia. BUNIA Un’enorme distesa bianca e blu. È così che Bunia appare dal- l’alto. Poi, a mano a mano che l’aereo plana, ci si rende conto di come migliaia di teli di pla- stica dei colori dell’Onu abbiano inghiottito l’intera città. Sono le tende degli sfollati provenienti da tutto l’Ituri, la martoriata pro- vincia di cui Bunia è capoluogo. Ituri, un vasto territorio di circa 65mila chilometri quadrati nel Congo Nord orientale, è da lungo tempo teatro di abomine- voli scontri tra due etnie, gli Hema e i Lendu. I primi storica- mente pastori, i secondi agricol- tori. Le rivalità tra i due gruppi ri- salgono al periodo coloniale, quando i belgi favorirono gli Hema, creando non poche di- sparità che i governi succedutisi fino ai nostri giorni non hanno voluto e saputo limare. Le dispute vere, quelle sfociate nel sangue, sono iniziate negli anni Settanta in concomitanza della promulgazione di leggi sulla distribuzione delle terre che avevano avvantaggiato gli Hema. Picchi di violenza si sono registrati nel 1972, 1985, 1996, 2001 e 2003, mentre scontri mi- nori si sono protratti fino al 2007. Negli anni Novanta gli sfollati raggiunsero la cifra re- cord di 400mila. Le varie mis- sioni di stabilizzazione dell’Onu nella Rdc non sono riuscite a fermare i massacri, registrando peraltro un alto numero di morti tra i propri militari. Negli ultimi mesi hanno avuto luogo nuovi scontri con almeno una ventina di morti tra i civili, e le rappresa- glie, fomentate da gruppi armati vicini alle due etnie interessati dalle ricchezze del posto, sem- brano non avere fine. UN MARE DI SFOLLATI L’Onu ritiene che gli sfollati do- vuti a quest’ennesimo incidente, sparsi in campi ufficiali e irrego- lari soprattutto a Bunia, o rifu- giatisi nel vicino Uganda, siano 340mila, circa l’8% dell’intera popolazione della provincia. Per motivi di sicurezza dob- biamo alloggiare a Bunia, dove ha sede una base della Monu- sco, gestita dai contingenti ma- rocchino e bengalese. Il respon- sabile dell’ufficio stampa della missione, un sergente maroc- chino, ci dà un lasciapassare per raggiungere autonoma- mente Djugu, la terza città per estensione di Ituri, divenuta uno degli epicentri delle violenze, a patto di tornare a Bunia prima di sera. Un percorso di 70 chilo- metri su strada sterrata con bu- che che inghiottirebbero una jeep. Caleb scorre la rubrica di uno dei suoi tre Iphone e con- tatta Richard, un autista locale. «Tutto ok, domattina alle 4 in punto ci passa a prendere con un pick up». Richard spacca il minuto. La- sciamo Bunia e a ogni curva ri- maniamo a bocca aperta per la bellezza del territorio. Colline verde smeraldo, cascate azzur- rissime, fiori mai visti prima. Il viaggio procede liscio e in meno di tre ore siamo alle porte di Djugu. LA CITTÀ BRUCIATA Il colore che domina in città è il nero: non c’è un solo edificio o catapecchia che non sia stato incendiato. La cenere è ovun- que. Per la loro opera di deva- stazione sia gli Hema che i Lendu si servono di «serbatoi in- cendiari», ovvero serbatoi di motociclette lanciati a come mo- lotov contro le case di quelli che ritengono nemici. Pochissime le persone che in- contriamo per strada. Nessuno ha voglia di parlare con noi e così decidiamo di proseguire per un’altra ventina di chilometri * RD CONGO " Al mio villaggio non c’è una sola famiglia che non abbia una donna violentata. 20 Dicembre 2020 MC

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