Missioni Consolata - Novembre 2020
E la chiamano economia 60 novembre 2020 MC economico e perfino sociale. Prova ne sia che il processo di privatizzazione coinvolse l’in- tero mondo industrializzato con il suo apice nel 1999, anno in cui gli introiti da vendite delle pro- prietà pubbliche, raggiunsero i 140 miliardi di dollari a livello mondiale. Purtroppo, anche l’U- nione europea spinse in questa direzione pretendendo dai paesi membri l’applicazione di trattati europei fondati su regole che antepongono i meccanismi di mercato all’interesse collet- tivo. In Italia, l’ubriacatura liberista ri- succhiò nel tritacarne delle pri- vatizzazioni molti beni e molti servizi. Fra i pochi sfuggiti, le in- frastrutture stradali che sono rimaste di proprietà pubblica : le autostrade, infatti, apparten- gono al governo centrale per il tramite del ministero dei Tra- sporti. In effetti, la Società auto- strade, che l’Iri mise in vendita nel 1999, ormai era solo una so- cietà di gestione, la quale, per esercitare la propria attività, do- veva ottenere una concessione da parte del governo che conti- nuava a possedere il bene auto- stradale. E fu così che, conte- stualmente alla privatizzazione totale della società, avvenne la privatizzazione parziale del bene, per la possibilità con- cessa alla società privatizzata di dalla Corte dei Conti che, in un rapporto del febbraio 2010, se- gnala come, nel caso delle utili- ties (energia, trasporti, teleco- municazioni), «l’aumento della profittabilità delle imprese rego- late sia attribuibile in larga parte all’ aumento delle tariffe » piutto- sto che a investimenti migliora- tivi. IL CASO AUTOSTRADE Complessivamente, dal 1991 al 2001, la vendita delle proprietà pubbliche ha fruttato allo stato 97 miliardi di euro. Sarà stato davvero un affare per il popolo italiano? I sostenitori del «sì» ri- tengono che sia stato conve- niente perché ci siamo sbaraz- zati di aziende in perdita che procuravano soltanto debiti e perché abbiamo raggranellato qualche soldo per ripagare il no- stro debito pubblico. Ma non tutte le aziende dismesse erano in perdita, mentre l’effetto sul debito pubblico è stato solo del 7%. Purtroppo, non si può fare a meno di constatare che, dietro al fenomeno delle privatizza- zioni, c’è stata anche una buona dose di scelta ideologica. In ef- fetti a partire da fine anni Set- tanta del secolo scorso, l’idea statalista cominciò a retroce- dere per fare posto a quella li- berista che vuole il mercato pro- tagonista assoluto del sistema bene, ma di richiesta di prote- zione in caso di mala parata. Della serie: «privatizziamo i pro- fitti, socializziamo le perdite». NASCITA E MORTE DELL’IRI Quando nel 1929 le economie di tutto il mondo entrarono in crisi con fallimenti a catena di banche e imprese produttive, tutti invocarono l’intervento dei governi per salvare il salvabile. Richiesta accolta anche da Mus- solini che, nel 1933, istituì l’« Isti- tuto per la ricostruzione indu- striale », in sigla Iri, incaricato di sottrarre al fallimento i principali gruppi bancari e industriali che spaziavano dalla siderurgia alla produzione energetica, dalle costruzioni navali a quelle auto- mobilistiche. Quando lo stato italiano si ritrovò proprietario dei maggiori stabilimenti industriali, pensava di detenerli in maniera transitoria, tanto quanto sa- rebbe bastato per superare la burrasca. Invece, la situazione si stabilizzò e nel dopoguerra il fondo venne rafforzato attri- buendogli l’incarico di pilotare lo sviluppo economico del paese. In particolare, avrebbe dovuto sostenere lo sviluppo del Mezzogiorno e potenziare la viabilità ritenuta fondamentale per la crescita dell’economia ita- liana. Non a caso, nel 1950, venne costituita la Società auto- strade che, partendo dall’auto- strada del Sole, costruì l’intelaia- tura autostradale italiana. Negli anni Settanta, l’Iri fu chiamato nuovamente a svolgere funzioni di salvataggio di imprese in crisi e si indebitò in maniera pe- sante. Il che fu poi usato come pretesto per avviare un pro- cesso di smantellamento del- l’ente che si concluse nel 2000 con la sua liquidazione. Così tor- narono in mani private aziende che, oltre a svolgere servizi im- portanti come la telefonia e la gestione autostradale, garanti- vano rendite sicure dal mo- mento che erano in una posi- zione di monopolio, ossia di operatori senza concorrenti che, oltre ad avere un mercato sicuro, potevano fare i prezzi che volevano. Tesi confermata © Schwoaze-Pixabay
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