Missioni Consolata - Novembre 2020

Paolo il romano (At 22,22-26,32) O gni scrittore vuole in- trattenerci ma soprat- tutto comunicarci qualcosa. Un saggista lo farà con argomenti, un roman- ziere, se è bravo, lo farà con suggestioni. Luca è un bravo scrittore. Solo che nel Vangelo e nei primi due capitoli degli Atti aveva tenuto quasi sempre un po’ imbrigliato il suo genio, rinchiudendosi in formule e in uno stile narrativo che alle orecchie dei lettori non poteva che ricordare il mondo ebraico. Aveva infatti copiato lo stile con cui era stata tradotta in greco la Bibbia. Dal terzo capi- tolo degli Atti in poi, però, la sua lingua ha iniziato a essere più elegante, raffinata, e il racconto a farsi più articolato, avvincente. Più greco. Poco alla volta, Geru- salemme, che era diventata cen- trale alla fine del Vangelo e lo era rimasta all’inizio degli Atti, è diventata sempre più marginale, è stata citata sempre meno. Luca, infatti, voleva comunicarci soprattutto due idee, peraltro collegate tra loro: che il movi- mento cristiano si era aperto ai non ebrei su stimolo dello Spirito Santo (e non per invenzione di Paolo), e che, pur nascendo da un mondo biblico che non avrebbe mai rinnegato, era però slanciato per raggiungere i con- fini del mondo (Lc 24,47; At 7,8). La prima parte della tesi Luca l’ha chiarita nei primi 14 capitoli degli Atti. Dal capitolo 15 in poi, quello che sembrava semplice- mente una conseguenza (l’an- nuncio di Paolo ai non ebrei), ha preso sempre più il centro della scena. E ormai, al capitolo 22, è chiaro che Paolo resterà il prota- gonista fino alla fine. Colpo di sCena (at 22,22-30) Siccome Luca sa scrivere bene, e ha una cultura greco latina che ci assomiglia più di quanto ci as- somigli quella semita, alcuni dei suoi «allestimenti scenici» non sfigurerebbero nel nostro stile narrativo cinematografico. Avevamo lasciato Paolo nel tem- pio, accusato ingiustamente di blasfemia e salvato dalla guarni- gione romana, il cui centurione aveva già deciso di trattarlo come un qualunque agitatore di popolo, interrogandolo sotto tor- tura per sapere che cosa avesse combinato (At 22,24). La flagel- lazione era pena pesante, ma usata normalmente negli interro- di Angelo Fracchia, biblista COSÌ STA SCRITTO ♦ atti degli apostoli una chiesa in uscita MC R gatori dei potenziali «terroristi». Paolo ha però un asso nella ma- nica. A sorpresa, svela di essere cittadino romano. Durante il primo secolo d.C., la cittadinanza romana era appan- naggio non solo degli italici (dall’89 a.C.) ma anche degli abi- tanti di alcune città privilegiate, di chi aveva prestato per vent’anni il servizio militare, o aveva aiutato lo stato romano in qualche modo. La cittadinanza, ereditaria, permetteva di essere trattati molto meglio di altri. La flagellazione, ad esempio, come la crocifissione, era una puni- zione che non si poteva inflig- gere a cittadini romani. E chi avesse imposto una punizione ingiusta, avrebbe subito la me- desima punizione. Si capisce, quindi, la paura del centurione e del comandante, 74 novembre 2020 MC © AfMC / Benedetto Bellesi _ rovine del pretorio romano a Cesarea

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