Missioni Consolata - Ottobre 2020
MC R missionarie della Consolata e nel momento della mia profes- sione religiosa mi è stato dato il nome di Leonella. E poi come si sono sviluppati gli avvenimenti della tua vita consacrata? Dopo aver compiuto il noviziato e gli studi in infermeria e ostetri- cia, nel 1970 ho realizzato il so- gno di partire come missionaria per il Kenya, dove sono restata 30 anni, interrotti solo da tre rientri in Italia. Agli amici e fami- liari, che mi chiedevano perché non facessi ritorno più spesso in patria, rispondevo: «Un po’ per gli impegni, un po’ per scelta», ma rassicuravo tutti che non ero diventata selvatica, anche se mi sentivo sempre più africana. Il tuo lavoro in Kenya in che consisteva? Dopo i primi anni, appena ho avuto la qualificazione per l’in- segnamento, mi è stata affidata la formazione delle infermiere e ostetriche locali. Ho svolto que- sto servizio soprattutto all’ospe- dale di Nkubu, vicino alla città di Meru. Con le ragazze aspiranti infermiere ci volevamo un bene dell’anima, tant’è che pur es- sendo le allieve numerose, riu- scivo a stabilire un rapporto profondo e personale con cia- scuna di loro. Ma viste le tue capacità, a questi primi impegni se ne sono aggiunti ben presto al- tri, non è vero? Negli anni successivi, sono stata nominata caposala di pediatria al Nazareth Hospital vicino Nai- robi, ho conseguito un diploma universitario per dirigere la scuola per infermieri, e, dulcis in fundo , nel ’93 sono stata scelta come superiora delle missiona- rie della Consolata in Kenya. La tua competenza nel vasto campo sanitario del Kenya era ampiamente ricono- sciuta da tutti. A tal punto, che sono stata chia- mata a far parte del Consiglio nazionale degli infermieri, con sede a Nairobi. Ho avuto così modo di partecipare alla stesura del progetto dell’anno 2000 del ministero della Sanità del Kenya «Salute per tutti», che aveva l’o- biettivo di creare nelle zone ru- rali, dove è concentrata l’80% della popolazione, centri sanitari autogestiti. Proprio allora, però, ti è arri- vato un invito al quale non ti sei sentita di dire di no. Infatti, sempre nel 2000, ho ri- cevuto una proposta dalla So- malia, dove era rimasto solo un piccolo gruppo di mie conso- relle che lavoravano come vo- lontarie nell’Ospedale Sos, Kin- derdorf International , l’unica struttura sanitaria presente a Mogadiscio che offriva cure gra- tuite in ambito pediatrico. Naturalmente hai accettato. Sapevamo che c’era urgente bi- sogno di una scuola per infer- mieri e infermiere, per questo ho detto di sì. Una volta giunta in Somalia, con molti sacrifici, siamo riuscite ad aprire una mo- desta struttura. Nel 2006, si sono diplomate le prime 34 infermiere. Per l’occa- sione ho voluto che la cerimonia fosse davvero molto solenne e formale. I diplomandi erano tutti con la toga universitaria e in alta tenuta. L’avvenimento senza precedenti in Somalia, è stato trasmesso dalla tv locale, e an- che in Kenya. Un vero scossone per la tua giovane vita, non è così? Che ha avuto una conseguenza decisiva per la mia esistenza in quanto, riflettendo su quello che stavo vivendo, ho deciso che mi sarei fatta suora… che avrei cer- cato di vivere per Cristo, e di parlare a tutti del suo amore. Questi ardori giovanili, sono diventati scelte concrete con il passare degli anni. Difatti, undici anni dopo sono entrata nell’Istituto delle suore 69 ottobre 2020 MC © Misionarie della Consolata © AfMC / Mogadiscio 2012
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