Missioni Consolata - Ottobre 2020
«Oltre a Mewa», scrive padre Za- chariah Kariuki, vice superiore dei missionari della Consolata in Kenya, «ci sono altri centri di re- cupero, anche pubblici, come il Centro di Miritini, controllato dal governo della contea» o il Reach out center , Teens watch , Coast general referral hospital , ag- giunge Anges, e collaborano tutti con Nacada , l’Autorità nazionale per la campagna contro l’abuso di alcool e droghe @ . «Le autorità», continua padre Ka- riuki, «stanno tentando di affron- tare la situazione creando i centri di recupero o dotando i centri di salute di punti nei quali coloro che cercando di disintossicarsi possano trovare metadone. An- che i tribunali fanno del loro me- glio e i servizi di intelligence sono impegnati a dare la caccia e perseguire i narcotrafficanti. Ma quello della droga è sempre un ambito rischioso e corrotto». «Le persone che vendono droga sono note», conferma Anges, «ma attraverso la corruzione il problema è stato normalizzato». E normalizzato , in questo caso, non significa eliminato , ma piut- tosto incluso nella normalità . La parrocchia dei missionari della Consolata a Likoni, Mombasa, se- gnala padre Zachariah, sta ten- tando di dare il proprio contri- buto realizzando un programma di formazione e sensibilizzazione con i giovani in modo da ridurre il loro rischio di esposizione alle droghe, che stanno penetrando anche nella scuola. «È chiaro», continua il missionario, «che i si- gnori della droga usano i giovani della zona di Likoni per spac- ciare ai loro coetanei e li pagano per farlo. Succede di sentire di ragazzi prelevati a scuola dalla polizia perché coinvolti nello spaccio». COLOMBIA NARCOTRAFFICO, UN’IDRA A TANTE TESTE Nel 2017, racconta Fox nella prima puntata del documentario, la produzione di cocaina è au- mentata del 25% rispetto all’anno precedente, raggiungendo le duemila tonnellate. I consuma- tori, lo ricordiamo, sono stimati in circa 19 milioni nel mondo; negli Stati Uniti sono raddoppiati negli ultimi sette anni. Rodrigo Canales, professore as- sociato di comportamento orga- nizzativo presso l’università di Yale, spiega che il prezzo della cocaina è rimasto piuttosto sta- bile (intorno ai cento dollari al grammo) negli ultimi venticinque anni perché la competizione fra gli operatori del mercato di que- sta sostanza non si gioca sul prezzo della merce ma piuttosto sulla capacità di garantire una produzione stabile e affidabile. Dopo la distruzione del cartello di Pablo Escobar all’inizio degli anni Novanta, ricorda il generale di brigata dell’esercito colom- biano, Hernando Flores, «non c’è più un unico cartello padrone di tutto». Ma questo ha creato un problema nuovo, cioè il fatto che il narcotraffico in Colombia ora assomiglia a un’idra: tagliata una testa, cioè un cartello, ne sor- gono subito tante altre. Ci sono 82mila famiglie colom- biane che dipendono dalla colti- vazione della coca per sopravvi- vere; coltivano illegalmente 400mila ettari di suolo pubblico perché non possono permettersi di comprare terreni. La raccolta della coca - così racconta un lavo- ratore di una piantagione a due ore e mezza di auto dalla città portuale di Buenaventura, sulla costa centro meridionale della Colombia - frutta fino a 300mila pesos al giorno, circa 90 dollari, per chi riesce a raccogliere sei sacchi di foglie. PORTO DI BUENAVENTURA, RICCHEZZA PER POCHI Quello di Buenaventura è il prin- cipale porto colombiano: invia merci verso 300 destinazioni, ge- stisce intorno al 60 per cento dell’ import export colombiano, movimenta fra i 300 e i 500 con- tainer al giorno e genera un get- tito fiscale pari a 1.8 miliardi al- l’anno. Ma il grosso della popolazione della città non beneficia per nulla della ricchezza generata dal porto: povertà e diseguaglianze cooperando 66 ottobre 2020 MC Da sinistra: coltivazione di papaveri per la droga sui monti del Cauca. | Nel Caquetá, pianta di coca in fiore e lavorazione delle foglie di coca per estrarre la pasta basica per fare la cocaina. * © AfMC / Enzo Baldoni © AfMC / Giacinto Franzoi
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