Missioni Consolata - Ottobre 2020
ssier Oltre ad alfabetizzazione e salute, le opere di consolazione sono state mettere in piedi un pro- gramma di microcredito per le donne che ha molto aiutato a migliorare l’economia famigliare. Nato nel 2005, continua tutt’oggi. Tutte queste iniziative hanno reso più naturale il dialogo interreligioso in questo contesto del Nord della Côte d’Ivoire. Questo dialogo è com- preso nella chiesa a quattro livelli: il dialogo nella vita, il dialogo per la pace e la giustizia, il dialogo teologico e il dialogo spirituale. I missio- nari della Consolata hanno cominciato nel Nord con i primi due livelli e ci sono stati momenti in cui hanno messo in pratica il quarto livello. La crisi politica Un fatto ha condizionato la storia dei missionari della Consolata in Côte d’Ivoire: la guerra civile scoppiata il 19 settembre 2002, che ha diviso il paese in due durante otto lunghi anni ( cfr. MC ottobre 2003 e MC agosto 2004). I ribelli hanno preso il controllo della metà Nord del paese, mentre l’esercito fedele al governo controllava la metà Sud. La missione delle Nazioni unite, l’Onuci, insieme al contingente francese Licorne, ha occupato la «zona di fiducia» che si interpo- neva tra i belligeranti, impedendo così gli scontri. Il conflitto ha tagliato in due anche la presenza della Consolata nel paese. Sia nel Nord come nel Sud, i missionari hanno fatto la scelta di rima- nere con la popolazione. Questa scelta ha mar- cato la loro presenza in quanto hanno vissuto le stesse privazioni della gente. Ha inoltre dato va- lore e autorevolezza ai missionari, non solo al Sud, ma anche al Nord, dove rappresentavano che era in missione a Sago, per contribuire con la sua esperienza e saggezza missionaria in questo nuovo contesto. I primi cristiani erano arrivati a Dianra nel 1980, non c’era ancora una seconda generazione di cri- stiani, quindi si trattava di una missione di prima evangelizzazione. I missionari hanno cominciato un lavoro im- menso di conoscenza della lingua, delle strade, dei villaggi, dei responsabili dei villaggi. Il territo- rio della missione era scarsamente popolato in confronto a quello di Bardot, Sago e Grand-Bé- réby, ma era più esteso. C’erano delle comunità a 75 km a Sud e a 95 km a Nord della missione. La prima strada asfaltata era a 100 km. Le popola- zioni locali erano molto legate alle loro tradi- zioni, come ad esempio il «poro» (iniziazione tradizionale delle popolazioni senoufo che dura sette anni). Le sfide erano tutte nuove ma con un’intensa vita di fraternità e un forte lavoro di équipe, i nostri hanno saputo rispondere. Hanno subito realizzato una scuola di alfabetizzazione per i bisogni più urgenti, e hanno iniziato a tra- durre i testi liturgici e catechetici in tchébaara per avvicinare la parola di Dio alla gente. Sono arri- vati a celebrare l’eucarestia in questa lingua come anche tutti i canti liturgici. Alla frontiera della Mecca Un anno dopo l’apertura di Dianra, i missionari hanno aperto una nuova missione in quell’area, situata a 80 km Sud Est. Si trattava di Marandal- lah (in koro significa «alla frontiera della Mecca»). Questa missione era in territorio Koro, una delle etnie Mandé caratterizzate dal fatto di essere tutti musulmani. La popolazione cristiana che abitava in questo territorio, una minoranza, apparteneva a diverse etnie del gruppo Senoufo, quindi si poteva utilizzare la lingua tchébaara che i missionari conoscevano. Gli inizi della parrocchia Saint Jean Baptiste di Marandallah non sono stati per nulla facili, per- ché una parte della popolazione locale vedeva con diffidenza l’installazione di una missione cattolica sul suo territorio. Pensavano che i mis- sionari venissero per convertire i musulmani e sconvolgere l’equilibrio del villaggio. È stato padre Flavio a cominciare questa mis- sione insieme a padre Martin Serna. A un certo momento la popolazione si è resa conto che i missionari venivano per condividere la loro fede e migliorare la qualità di vita della popolazione attraverso la salute, l’ascolto, l’alfabetizzazione dei bambini. In entrambe le missioni del Nord, il Vangelo era arrivato recentemente e la diocesi si stava for- mando, per cui le iniziative erano lasciate alla creatività e alle forze di ogni parrocchia. Anche le visite erano complicate, e occorreva almeno una giornata di viaggio per arrivare dalla sede del- l’episcopato a Dianra o Marandallah, quando la pista era praticabile. ©AfMC 40 ottobre 2020
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