Missioni Consolata - Ottobre 2020
21,20-25). La comunità consiglia a Paolo di mostrarsi osservante della legge per non irritare i fra- telli povenienti dal giudaismo, e lo invitano a pagare le spese per lo scioglimento del voto di nazireato di quattro uomini. Il voto consisteva nel non tagliarsi i capelli per un certo tempo per offrirli poi al tempio insieme a un sacrificio. C’erano persone di buona volontà (e portafogli) che pagavano ad altri le spese per questo rito, schierandosi in qualche modo a fianco di chi lo aveva celebrato. Si tratta di una consuetudine antica, molto «ebraica», più tipica degli am- bienti tradizionalisti. Paolo si adegua. Evidentemente il suo scopo non è quello di cancel- lare la tradizione ebraica, ma di contestarla solo quando met- tesse in questione la centralità di Gesù. Se si salva l’essenziale, che Gesù è l’unico mediatore per la nostra comunione con Dio, il resto si può accettare. UNA PAROLA PER OGGI Ancora una volta, quasi senza averne l’aria, Luca ci offre criteri per vivere la dimensione eccle- siale della fede ancora oggi. Siamo anche noi, infatti, a non sapere ancora bene dove met- tere i confini di ciò che «non si può accettare», e continuiamo ad accusarci reciprocamente di essere tradizionalisti o moderni- sti. Negli Atti degli apostoli non troviamo un’indicazione precisa di ciò che dobbiamo fare o evi- tare, ma un criterio di fondo: la salvezza, ossia la comunione con Dio, passa da Gesù. Questo è indiscutibile, e siccome ci una chiesa in uscita Anche l’evangelizzazione, al- lora, diventa più chiaramente un dono generoso fatto ad altri, un «soccorrere i deboli» (At 20,33- 35). In mezzo, avvisa che sareb- bero arrivate persone (chiamate «lupi rapaci») che avrebbero provato a inquinare l’annuncio del vangelo. Non sarebbero stati, evidentemente, degli estranei, ma dei cristiani. Luca si mostra ancora una volta consa- pevole che nella chiesa non tutto è bello e buono. Ma le pa- role di Paolo sono edificanti: di fronte ai «lupi rapaci», c’è sem- plicemente da stare in guardia, continuando a vivere generosa- mente per gli altri, perché «si è più beati nel dare che nel rice- vere» (At 20,35). Paolo, qui, non invoca maledizioni o punizioni sugli avversari (come fa invece in Gal 5,12), ma affida semplice- mente i credenti allo Spirito. Per chi vuole capire, Luca, a partire dall’esperienza di Paolo, ci ricorda che fallimenti e perse- cuzioni ci saranno, nell’espe- rienza dei cristiani, e che po- trebbero partire addirittura da dentro. Ma l’unico modo cri- stiano di reagire è quello di Gesù, ossia confidando nell’o- pera di Dio e cancellando in sé qualunque desiderio di ven- detta. Dio non abbandonerà i suoi, nonostante il quadro non sia senza nubi fosche. INCOMPRESO Paolo, quindi, arriva a Gerusa- lemme. Luca non può nascon- dere che l’accoglienza degli altri credenti è piuttosto fredda (At 32 MC © AfMC / Benedetto Bellesi sono pratiche religiose che im- plicitamente lo contestano, tali pratiche sono da evitare. Ma su tutto il resto, «mi sono fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22). Questa attenzione e questo sforzo, però, non sono una ga- ranzia di successo. O meglio, non garantiscono il successo se lo misuriamo con i nostri criteri consueti, di vittorie, conquiste e numeri consolanti. DA GERUSALEMME A ROMA Di fatto Paolo, che ha accettato di scendere a patti con le frange più conservatrici della chiesa ebraico-cristiana, viene accu- sato ingiustamente di aver pro- fanato il tempio. Come Gesù, anche Paolo viene incolpato di blasfemia sulla base di tradizioni secondarie e discutibili, proprio perché intende invece rendere a Dio la sua piena gloria. Anche questa accusa e arresto diventano però l’occasione per ampliare la platea degli ascolta- tori: stupendo l’uno e gli altri, Paolo parla in greco al centu- rione (At 21,37-39) e in «ebraico» (in realtà doveva essere ara- maico, ma i greci del tempo di Luca, di solito, non coglievano la differenza tra le due lingue) al popolo radunato nel tempio (At 21,40). Di nuovo, Paolo si fa «tutto a tutti», condividendo una volta ancora la propria vicenda (At 22,3-21). Il punto d’arrivo, su cui, come per Gesù, si invoca la sua morte (22,22) è l’annuncio alle nazioni lontane. Luca ci porterà fin là, anche lungo un percorso più ac- cidentato, faticoso e tormentato di quanto non sia stato fino a questo momento. Angelo Fracchia (18 - continua)
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