Missioni Consolata - Ottobre 2020

Congresso del Pcc aveva uffi- cializzato il «Pensiero di Xi Jin- ping», e che nel 2018 aveva tro- vato la sua apoteosi legale con l’emendamento costituzionale che poneva un uomo solo al co- mando della nazione. Xi Jinping si poneva, dunque, come l’anello di congiunzione tra la Cina socialista di Mao Ze- dong e la Cina prospera ed eco- nomicamente forte di Deng Xiaoping. Questa saldatura non poteva che unire anche Hong Kong alla madrepatria ancora più saldamente di quanto fosse stato fino ad allora. LA LEGGE DI ESTRADIZIONE Nel febbraio 2019 Carrie Lam propose una legge sull’estra- zione che allargava anche alla Repubblica popolare la possibi- lità di estradare cittadini colpe- voli di reati gravi quali omicidio, violenza sessuale, ma non per reati a sfondo economico e poli- tico. Gli studenti iniziarono a scen- dere in piazza temendo che la legge potesse essere usata da Pechino per richiedere l’estradi- zione di dissidenti politici rifu- giatisi a Hong Kong o per limi- tare i diritti umani e politici dei cittadini della Hksar. A fine 2015 l’autonomia giuri- dica e istituzionale di Hong Kong era già stata scossa con la scomparsa di cinque importanti librai della città di cui, in seguito, si seppe erano detenuti in pri- gioni cinesi, con il divieto di pubblicare vignette satiriche ri- guardanti il corpo della polizia e l’appello fatto alla televisione lo- cale, la Rthk, di non trasmettere interviste inerenti ai diritti umani. Logico, quindi, che la legge sull’estradizione scalfisse ulte- riormente quell’idea di autono- mia regionale tanto cara ai suoi abitanti. In più, la governatrice Carrie Lam era vista come l’alter ego di Xi Jinping. Il suo passato politico l’aveva vista confron- tarsi duramente con i leaders del movimento Occupy chiu- dendo ogni forma di dialogo. Già da allora, ancora prima di essere eletta a governatrice, era chiaro che la sua politica era di applicare alla lettera i precetti dell’«Arte della guerra» di Sun Tzu: non battersi mai diretta- mente contro i nemici lasciando piuttosto che si fiacchino da soli. La legge venne poi ritirata il 23 ottobre 2019, ma nel frattempo i manifestanti avevano allargato le loro richieste chiedendo le di- missioni di Lam, il suffragio uni- versale per l’elezione del Consi- glio legislativo e del governa- tore, il rilascio dei manifestanti arrestati, un’inchiesta sulle vio- lenze perpetrate dalla polizia. Ormai, però, il dado era stato tratto: le riforme cinesi erano state avviate e Xi Jinping non aveva intenzione di arrestarle. La pandemia da Sars-CoV-2 ha dato inaspettatamente una mano ai governi di Pechino e Hong Kong togliendo i manife- stanti dalle piazze per poi la- sciare via libera al varo - a fine giugno 2020 - della contestatis- sima «Legge di sicurezza nazio- nale» e, infine, posticipare di un anno le elezioni legislative pre- viste inizialmente per il 6 set- tembre. GIUGNO AGOSTO 2020: LA LEGGE E GLI ARRESTI Proprio la Legge sulla sicurezza nazionale, redatta in tutta segre- tezza quando il governo cen- trale aveva capito che le idee del partito comunista non avreb- bero potuto attecchire in un substrato culturale arato e ferti- lizzato da decenni di liberismo economico, ha riavviato le pole- miche dell’opposizione divi- dendo nettamente il mondo po- litico internazionale. I paesi occi- * HONG KONG A sinistra: Joshua Yong, il giovanis simo leader dei contestatori, mo stra la domanda di candidatura alle elezioni; successivamente, queste sono state posticipate dalle autorità di un anno (al 5 settembre 2021) adducendo a motivo il Covid 19. | A destra: un gruppo di manife stanti pro Cina festeggia con ban diere e brindisi l’approvazione della legge cinese sulla sicurezza nazionale (30 giugno 2020). * © Anthony Wallace / AFP ottobre 2020 MC 26 Con la scusa del Covid, le elezioni sono state posticipate al settembre 2021. "

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