Missioni Consolata - Luglio 2020
E la chiamano economia 62 luglio 2020 MC gono di spazi extra da affittare. Ma benché rivoluzionarie sul piano commerciale, tali iniziative non hanno però avuto effetti di rilievo rispetto al lavoro. Queste piattaforme dispongono senz’al- tro di dipendenti, ma presumibil- mente tutti assunti secondo i ca- noni classici del lavoro salariato. Le novità arrivarono nel 2009, quando alcuni informatici, fra cui Travis Kalanick, si concentra- rono sui trasporti. Avendo no- tato che in internet si stavano sviluppando contatti fra chi chie- deva passaggi e chi era dispo- sta a darli, Kalanick, assieme ad altri amici, creò una piattaforma dedicata ai trasporti, che bat- tezzò Uber . Quanto alla sua ge- stione avrebbe potuto seguire il modello e-Bay, ma si rese conto che lasciato allo spontaneismo le possibilità di guadagno erano piuttosto ridotte perché il pas- saggio era concepito più come servizio che come attività com- merciale. I passaggi, infatti, veni- vano dati da chi avrebbe co- munque effettuato il viaggio, chiedendo tutt’al più un contri- buto alle spese da riscuotere in forma diretta durante il passag- gio. Perciò Kalanick capì che, se voleva guadagnarci, doveva in- dustrializzare l’iniziativa. La soluzione che si inventò fu quella di trasformare i normali conducenti proprietari di un’auto in tassisti. Detto fatto, sperimentò il suo piano a San Francisco agendo su due livelli. Da una parte lanciò un appello per chiedere a chiunque vo- lesse effettuare trasporti a pa- gamento di iscriversi a una lista di disponibilità. Dall’altra creò Uberpop, un’applicazione a di- sposizione del grande pubblico per permettere a chiunque vo- lesse un passaggio di poterlo richiedere. Un’apparecchiatura retrostante avrebbe passato la richiesta a un conducente che avrebbe provveduto al servizio. Quanto al pagamento della corsa, il cliente avrebbe pagato direttamente a Uber tramite carta di credito, mentre il condu- cente avrebbe ricevuto da Uber un compenso stabilito da un ta- riffario interno, previa decurta- cio economico perché per pas- sare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili serve una tale quantità di investimenti da rimettere in moto una massiccia attività produttiva. Ma il princi- pale spirito di adattamento il ca- pitalismo l’ha dovuto sviluppare verso la tecnologia. Angosciato dalla necessità di aumentare la produttività , ossia la quantità di produzione in rapporto al tempo e alla spesa, la tecnologia è sempre stata la sua alleata prin- cipale. Tuttavia, non senza con- traccolpi, considerato che tal- volta i cambiamenti sono così profondi da costringere le im- prese non solo a rinnovarsi, ma addirittura a reinventarsi. Chi ci riesce sopravvive, chi non ce la fa soccombe. Ciò spiega perché nell’era del computer si siano affermate imprese create dal niente da parte di giovani con grande inventiva. Il riferimento è a personaggi come Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Goo- gle , Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook , Jeff Bezos, fonda- tore di Amazon , ormai apparte- nenti tutti all’olimpo dei miliar- dari. Ma oltre a loro ce ne sono molti altri, non meno ricchi an- che se meno appariscenti, che hanno costruito il loro impero economico sulle opportunità of- ferte da internet. Fra essi gli op- portunisti delle intermediazioni. Cominciò la già citata e-Bay, pensata per facilitare il commer- cio di beni usati fra privati. Una sorta di bacheca online dove chiunque può esporre ciò che desidera vendere, delegando alla piattaforma le funzioni di pa- gamento e di trasferimento del prezzo, ben inteso lasciandole una percentuale sull’incasso. Nel 2019 il valore complessivo dei beni transitati per e-Bay è stato di 22 miliardi di dollari, due dei quali trattenuti dalla piattaforma come corrispettivo del servizio reso. Più tardi, tale Brian Chesky e altri amici appli- carono lo stesso modello all’af- fitto di camere, crearondo Airbnb , un portale online che mette in contatto persone in cerca di camere per brevi pe- riodi, con persone che dispon- delle persone e qualcuno az- zardò la nascita di una nuova economia che il mondo anglo- sassone battezzò « share eco- nomy », l’economia dell’amicizia e della condivisione. Però, come era già successo a molte altre iniziative solidali nate dal basso, anche la share economy attirò l’attenzione del mondo degli affari che aveva fiutato odore di soldi. L’attività intravi- sta come via di guadagno era quella di intermediazione, un mestiere fra i più antichi dell’u- manità. Anche nel vecchio mondo contadino esisteva il sensale , un personaggio che gi- rava per le campagne in cerca di chi aveva bestie da vendere e di chi voleva comprarne. E, dopo avere fatto incontrare le due parti interessate, le aiutava a condurre le trattative con l’o- biettivo di intascare una percen- tuale sul prezzo di vendita. Un’attività simile è tutt’oggi svolta dalle agenzie immobiliari che fungono da intermediari nella compravendita di case. Nella stessa categoria si collo- cano le borse valori , i luoghi in cui si contrattano titoli e materie prime e che devono il proprio nome al palazzo Ter Buerse, la prima sede commerciale co- struita a Bruges a fine 1300 dalla famiglia veneta Della Borsa. Per certi versi perfino le banche possono essere catalo- gate fra le agenzie di interme- diazione, per il ruolo di cerniera che svolgono fra chi risparmia e chi è in cerca di prestiti. Per cui le attività di intermediazione sono tante, sempre uguali per fi- nalità, sempre diverse per sub- strato e modalità di svolgi- mento. UBER E GLI ALTRI Una caratteristica del capitali- smo è la capacità di adatta- mento. Grazie ad essa, il si- stema è riuscito non solo a ga- rantirsi lunga vita, ma perfino a trasformare le catastrofi in op- portunità. Tipiche le guerre e i terremoti che dopo la distru- zione hanno bisogno di ricostru- zione. La stessa crisi climatica è vissuta come occasione di rilan-
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