Missioni Consolata - Luglio 2020
cambio di partite di cocaina. Si tratta dunque di uno dei massimi esponenti del gruppo narco mi- litare che ha gestito il paese per anni e che ora sembrerebbe essere tornato all’ombra del potere. Due presidenti per 48 ore Sempre il 28 febbraio, 54 deputati del Paigc e al- leati, designano il presidente dell’Assemblea na- zionale (che conta 102 deputati), Cipriano Cassama, come «presidente a interim», in rispo- sta all’investitura «di forza», senza aspettare l’ok della Corte suprema, di Embaló. Ma Cassama, meno di 48 ore dopo la designazione, rinuncia a causa, dice, delle molteplici «minacce di morte» ricevute. Embaló resta dunque l’«unico» presidente, anche se il contenzioso elettorale è ancora aperto. In risposta a diversi deputati del Parlamento eu- ropeo che denunciano quanto sta avvenendo nel paese africano come «un pericolo per la demo- crazia», Embaló risponde: «Non facciamo parte dell’Unione europea. Noi siamo in Africa!» 1 . A livello internazionale la Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale), che ha guidato la mediazione per risolvere la crisi dal 2016, è inizialmente divisa sul da farsi. Ma Embaló ha molti amici tra i capi di stato, così Senegal, Nigeria e Niger si affrettano a ricono- scere il nuovo presidente, mentre altri restano indecisi. Embaló conta tra i suoi alleati più illustri i presidenti di Senegal, Macky Sall (presidente di turno della Cedeao), e Nigeria, Muhammadou Buhari, oltre che numerosi altri presidenti sul continente. La svolta si ha il 23 marzo, quando la Cedeao stessa riconosce legittimo Embaló, nonostante i militari stiano ancora presidiando i posti chiave delle istituzioni, e ci sia quindi una «mano mili- Braccio di ferro istituzionale A dicembre 2019, i due sfidanti alla presidenza sono proprio Embaló, ex quadro del Paigc e ora candidato del Madem-G15, e Pereira per il Paigc, di cui è presidente. Dopo il ballottaggio del 29 di- cembre, la Commissione nazionale elettorale (Cne) aggiudica il 53,55% dei voti al primo e 46.45% al secondo (i risultati definitivi sono resi noti il 17 gennaio). Pereira però contesta il risul- tato, denunciando brogli elettorali. In particolare segnala irregolarità nei verbali di almeno la metà delle circoscrizioni, e chiede il riconteggio dei voti. La Corte suprema dunque non può che prenderne atto è dispone che venga fatta la veri- fica. Fin qui nulla di strano a queste latitudini. Quello che succede dopo è un braccio di ferro tra la Cne e la Corte suprema, perché la prima, l’or- gano preposto all’organizzazione delle elezioni, rifiuta il conteggio. Negli stessi giorni, soldati vengono dispiegati in tutti i posti chiave delle istituzioni, dall’ufficio del primo ministro ai mini- steri, fino a presidiare lo stesso palazzo della Corte suprema. Il fatto strano è che nessuno li ha chiamati e non si capisce da che parte stiano. Si scoprirà con chi stanno i militari, quando, il giorno dopo la sua investitura, il 28 febbraio Em- baló nomina primo ministro Nuno Gomes Na- biam, suo uomo di fiducia, mandando a casa il premier Aristides Gomes. Quest’ultimo è ricono- sciuto dalla comunità internazionale, e denuncia la sua deposizione come colpo di stato. Quel giorno a fianco di Embaló e del nuovo premier, si trovano il capo di stato maggiore, il suo vice e il comandante dell’aviazione. C’è anche una vec- chia conoscenza, l’ex capo di stato maggiore, ex generale Antonio Indjai. Indjai era stato dietro al famoso «colpo di stato della cocaina» dell’aprile 2012, quando fu rove- sciato il presidende ad interim Raimundo Pereira. Indjai, inoltre, è stato obiettivo principale della Dea (agenzia antidroga Usa) durante una caccia all’uomo del 2013, ed è ricercato negli Stati Uniti per aver venduto armi alle Farc colombiane in ssier 48 luglio 2020 ©AFP/ Seyllou
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