Missioni Consolata - Luglio 2020

16. Il grande discorso di Atene (At 17,16-34) N el nostro percorso di lettura degli Atti degli Apostoli avevamo la- sciato Paolo nel bel mezzo del suo secondo viaggio apostolico. Dopo aver attraver- sato l’odierna Turchia, era ap- prodato in quella che anche oggi chiamiamo Grecia, dove aveva aperto strade nuove al Vangelo. Dovendo però fuggire da Filippi e da Tessalonica, era giunto, da solo, ad Atene, dove aveva atteso di essere raggiunto da Sila e Timoteo (At 17,15). Atene era stata il grande faro della filosofia, dell’arte, dell’eco- nomia, del potere politico della Grecia nei secoli precedenti. Si trattava di una «nobile deca- duta», ormai tagliata fuori dal potere politico (da due secoli passato a Roma, che l’aveva strappato non ad Atene ma ai macedoni), economico (le grandi vie commerciali passa- vano via terra dal Nord, ossia da Tessalonica e Filippi, oppure via mare dal Aud, da Corinto) e persino culturale. I centri di rife- rimento importanti erano ormai molti e, con la lingua greca dif- fusa in tutto il Mediterraneo orientale, il fulcro della cultura greca era ormai diventata Ales- sandria d’Egitto. Con tutto ciò, la fama antica continuava a illumi- nare la città, e l’Acropoli era sempre lì a dominarla, con la sua imponenza che colpisce an- cora oggi. È lì che Paolo tiene il suo di- scorso più completo ai «greci», di Angelo Fracchia, biblista COSÌ STA SCRITTO ♦ AttI deglI ApostolI una chiesa in uscita MC R 32 Luglio 2020 MC ossia a coloro che non apparte- nevano all’ebraismo e che anzi si riconoscevano in un’imposta- zione religiosa «pagana». Non staremo a chiederci quanto davvero sia credibile che Paolo abbia tenuto quel discorso e se lo abbia fatto proprio come lo leggiamo. Per capire, lascia- moci accompagnare da Luca, da quanto dice, da ciò che tace... e, ancora una volta, an- che da quanto ci dicono le let- tere di Paolo. Il contesto (At 17,16-21) Paolo ad Atene si vede circon- dato da segni pagani, e questo lo irrita profondamente (At 17,16). In realtà avrebbe dovuto esserci abituato, perché il mondo in cui viveva era domi- nato da religioni politeiste che spesso si influenzavano a vi- cenda. Ma in effetti Atene esi- biva una quantità eccessiva di questi segni, eredità dei secoli precedenti; una ricchezza che era espressa in un’abbondanza di edifici, statue e probabil- mente dipinti e mosaici a tema religioso in ogni angolo. Paolo sale sulla collina dell’A- reopago, situata tra l’Acropoli e l’agorà della città, luogo di in- contro e di liberi dibattiti, e lì parla del Vangelo, ma i passanti immaginano che intenda pre- sentare una nuova coppia di- vina, «Dio e la Risurrezione», come se fossero Zeus ed Era. E gli danno anche appuntamento perché ne parli ancora con maggiori particolari. Questo è il primo passo sba- gliato. Chi si accinge ad ascol- tare Paolo, infatti, non lo fa per- ché prova dentro di sé la sete di interpretare in modo profondo e proficuo la propria vita, di tro- varvi il senso (come diremmo noi) o di essere salvati (come di- cevano gli ebrei di quel tempo). «Tutti gli ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non ave- vano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità» (At 17,21). La motivazione è semplicemente la curiosità, il passatempo. Come il pane e l’acqua possono sembrare insipidi a chi non ha fame e sete, il Vangelo fatica a lasciarsi ridurre a passatempo. Ciononostante, Paolo ritiene che valga in ogni caso la pena di provare.

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