Missioni Consolata - Luglio 2020
* BRASILE 12 luglio 2020 MC D ifficile dire cosa stia procurando più danno ai popoli indigeni e all’Amazzonia: se le politiche poste in essere dal governo di Jair Messias Bolsonaro o il nuovo coro- navirus. Di certo, la pandemia ha trovato maggiori possibilità di diffondersi e di uccidere a causa delle politiche governative. Nel corso di questo 2020, Bolsonaro, il Trump brasiliano - come viene giu- stamente soprannominato -, non ha modificato di un millimetro le proprie posizioni anti-indigene e anti-ambientaliste, forte dell’appoggio dei militari, degli allevatori e degli evangelici, tutti ben rappre- sentati nella compagine governativa. Fin dall’inizio Bolsonaro ha ripetuto che con lui non ci sarebbero state altre demarcazioni di terre indigene. Il presidente non si è però limitato a bloccare questo processo, peraltro previsto dall’ar- ticolo 231 della Costituzione brasiliana del 1988. Ha addirittura iniziato un’operazione contraria sot- traendo terre ai popoli indigeni. In qualsiasi modo. Sia non frenando le invasioni (come quelle dei ga- rimpeiros nella terra degli Yanomami) che cer- cando di legalizzarle attraverso il riconoscimento formale delle terre invase e, di conseguenza, della pratica fraudolenta nota come «grilagem de ter- ras» (falsificazione della proprietà fondiaria). In- vasioni che, in questo periodo, hanno tra l’altro fa- vorito la diffusione del nuovo coronavirus tra po- polazioni più vulnerabili - lo certificano sia la scienza che la storia - ad alcune patologie rispetto ai Bianchi (si parla di «virgin soil epidemics»). Cancellare la foresta e i popoli indigeni La deriva di Bolsonaro coinvolge anche i suoi mi- nistri. Abraham Weintraub, ministro dell’istru- zione, ha dichiarato: «Odio il termine “popoli indi- geni”» (22 aprile). Per parte sua, Ricardo Sales, mi- nistro dell’ambiente, ha spiegato che è necessario approfittare della pandemia e della conseguente disattenzione dei mezzi d’informazione per cam- biare le regole ambientali in senso meno restrit- tivo. Non si è fatto attendere il plauso delle potenti organizzazioni dell’agrobusiness. La deriva è così sfacciata che un quotidiano con- servatore e moderato come la Folha de S.Paulo è arrivato a scrivere, in un proprio editoriale (del 24 maggio), che «Per il governo di Bolsonaro, una buona foresta è una foresta morta» ( Para o go- verno Bolsonaro, floresta boa é floresta morta ). I dati confermano drammaticamente questa affer- mazione. Per esempio, lo scorso mese di aprile l’A- mazzonia brasiliana ha perso 405,61 chilometri quadrati di foresta, segnando un incremento del 64% rispetto allo stesso mese dell’anno passato (dati ufficiali Inpe-sistema Deter). Stessa devasta- zione stanno subendo la Mata Atlantica e il Cer- rado, gli altri due biomi brasiliani. Chi si discosta dalla linea del presidente viene prontamente sostituito: è successo con il ministro della giustizia, Sérgio Moro (il controverso giudice che ha fatto condannare l’ex presidente Lula), e con ben due ministri della salute, entrambi medici, Luiz Mandetta e Nelson Teich. In piena pandemia il dicastero della salute è stato affidato a Eduardo Pazuello, un generale dell’esercito. La religione come strumento È più difficile che ci siano problemi con la ministra per la famiglia, la donna e i diritti umani, Damares Alves, pastora evangelica. Uno degli slogan prefe- riti di Bolsonaro è infatti «Brasil acima de tudo, Deus acima de todos» (il Brasile sopra tutto, Dio sopra tutti). In un tweet il presidente - come Trump, anche lui ha un utilizzo compulsivo di questo strumento di comunicazione - scrive: «Sono presidente perché la maggior parte delle persone si è fidata di me, così come sono vivo per- ché Dio lo ha permesso» (26 maggio). Da sempre Bolsonaro usa la religione in modo Il Brasile e la presidenza Bolsonaro Senza freni, senzavergogna All’alleanza tra Bolsonaro, militari, allevatori ed evangelici ora si è aggiunto anche il nuovo coronavirus. Un mix micidiale che sta devastando l’ambiente e mettendo a rischio la vita dei brasiliani e la stessa sopravvivenza dei popoli indigeni. © Mario Vilela - Funai
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