Missioni Consolata - Giugno 2020

52 Giugno 2020 MC vuto coordinare le numerose agenzie di cooperazione inter- nazionale e i ministeri della Sa- nità dei vari paesi. Al tempo, io ero incinta per la terza volta. Feci in tempo a partorire Mad- dalena (il 3 maggio) e a battez- zarla. Il 28 luglio del 2000 par- timmo per Hanoi, capitale del Vietnam. Per Carlo, per me e per i nostri tre figli - Tommaso, Luca e Maddalena - aveva inizio una nuova esperienza. Furono due anni ricchi di soddi- sfazioni. Nonostante le grandi responsabilità che lo trattene- vano lunghe giornate in ufficio davanti al computer, o lo impe- gnavano in viaggi e riunioni in- ternazionali, Carlo era rimasto un medico appassionato del contatto con i malati e, proprio per questo, privilegiava le mis- sioni sul campo, nelle comunità più bisognose. Era contento quando, insieme ad altri colle- ghi, partiva per qualche mis- sione, rimanendo lontano da Hanoi per giorni o anche per settimane. Poi, inaspettatamente e in pochi mesi, tutto cambiò. Ad Hanoi, arrivò un virus prima di allora sconosciuto, il Sars-CoV. C astelplanio, febbraio- maggio 2020 . È arrivato un nuovo virus, «fratello» di quello che si è portato via Carlo, ma questa volta non si è fermato in Estremo Oriente: si è diffuso anche in Italia e in tutto il mondo. * ITALIA Credo che a eventi come que- sto non si possa mai essere pre- parati, anche se l’esperienza di 17 anni fa forse - lo dico non da esperta ma da spettatrice - avrebbe dovuto insegnarci qual- cosa di più. In queste settimane per me è stato un susseguirsi di ricordi, di sensazioni, di mo- menti vissuti con paura e ango- scia. Nemmeno a farlo apposta, anche il periodo coincide. Era il 26 febbraio 2003 quando, ad Hanoi, Carlo fu chiamato all’Ospedale francese (una strut- tura privata di piccole dimen- sioni, ndr ) dove era ricoverato un paziente - un uomo d’affari americano di 48 anni - che aveva una patologia strana, so- spetta. Carlo aveva già messo in atto tutte le procedure necessa- rie e adottato i provvedimenti e le precauzioni indispensabili, nel momento in cui si era reso conto che la situazione comin- ciava ad aggravarsi (come mo- strano i messaggi inviati il 7 marzo 2003 all’Oms in cui de- scriveva in dettaglio ciò che stava accadendo in ospedale). Quando lo scorso dicembre sono cominciate ad arrivare no- tizie dalla Cina di questo strano virus, il mio pensiero non poteva non tornare indietro nel tempo. Quando in televisione ho visto ospedali pieni di pazienti intu- bati che lottavano tra la vita e la morte, i medici e gli infermieri in prima linea ma spesso impo- tenti, sono stata invasa da tri- stezza, paura, angoscia . Le stesse sensazioni provate 17 anni fa quando vissi l’espe- rienza in prima persona. Anche le parole sono spesso le stesse: ricordo che Carlo cercava di rassicurarci dicendo che tutto era sotto controllo, diceva che lui stesso era impegnato in prima linea nel tentativo di cir- coscrivere l’epidemia. Oggi naturalmente vedo tutto con altri occhi, ma non per que- sto sono meno coinvolta, per- ché nelle ansie e nelle paure di persone e famiglie rivivo sensa- zioni e ricordi che al solo rie- mergere mi fanno rabbrividire. R ipenso alle giornate frene- tiche di Carlo, alle sue preoccupazioni, alle ore, alle notti trascorse in ospedale e negli uffici dell’Oms, per valu- tare e cercare di risolvere la grave situazione. Lui si era su- bito reso conto che qualcosa di strano stava accadendo e per questo motivo aveva allertato il sistema sanitario, il ministero della Salute vietnamita, il go- verno locale e la stessa Oms. La sera tornava a casa stanco, sfinito e temeva di non riuscire più ad avere la situazione sotto controllo. Ricordo che una sera mi confidò: «Se non si riesce a fare qualcosa, a prendere prov- vedimenti, sarà una strage tra le persone che si ammaleranno. Sarà come la “spagnola” (l’in- fluenza che fece tra i 50 e i 100 milioni di morti nel mondo tra il 1918 e il 1920, ndr )». © Archivio A CU " Carlo allertò l’Oms di quella patologia strana, sospetta.

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