Missioni Consolata - Giugno 2020

giugno 2020 ssier 38 la tradizionale bevanda alcolica laotiana. Le ra- gazze, che prima d’allora non si erano mai truc- cate, iniziarono a farsi belle dipingendo le loro labbra con rossetti». È al di fuori del confini del Laos, invece, che il programma di sviluppo delle infrastrutture dei trasporti incontra una maggiore opposizione. Per finanziare il progetto ferroviario, che costerà 6,7 miliardi di dollari, Vientiane ha dovuto chie- dere un prestito di 480 milioni di dollari (2,8% del Pil) alla Eximbank cinese destando la preoc- cupazione degli istituti finanziari internazionali per l’aumento del debito pubblico, oggi pari al 65% del Pil. Il governo è, inoltre, accusato di aver costretto 4.400 famiglie di 167 villaggi ad abbandonare le loro case confiscando 3.830 ettari di terreno, su- periori alle reali esigenze richieste per la costru- zione delle infrastrutture 2 e contribuendo alla deforestazione del paese (se nel 1940 la superfi- cie forestale del paese era il 70% del totale, e nel 1995 il 47%, oggi è solo il 40%) 3 . Lattanamany Khounnyvong ha dichiarato che gli appezzamenti espropriati saranno risarciti, ma i proprietari la- mentano che i rimborsi ottenuti, 595-715 Usd (dollari Usa) per ettaro, sono di gran lunga infe- riori al prezzo di mercato, valutato attorno ai 1.420 Usd 4 . Turismo, tra idealismo e devastazione Poi ci sono i turisti che, dai finestrini dei bus con l’aria condizionata, osservano perplessi l’avan- zare dei lavori temendo che sia sfregiata quella parte di mondo che invece vorrebbero mante- nere intatta per portare a casa selfie con gente ri- gorosamente vestita in abiti tradizionali. Mantenere il Laos, al pari di qualunque altra re- altà classificata come «esotica», immutabile come un dipinto naïf e idolatrare modi di vita di popolazioni indigene è una costante presente in molte realtà del turismo sui generis . Sono tanti gli occidentali imbevuti di un ecologi- smo new age che idealizzano le comunità etni- che elevandole a modello di sviluppo alternativo da seguire per vivere in simbiosi con l’ambiente. Poco importa se, nella realtà, la maggioranza di queste comunità vede la natura in una doppia valenza, foriera di vita e di morte. Ben lontano dalle loro menti è il concetto proprio delle so- cietà industrializzate che identifica la natura uni- camente come una «madre benigna». Quando si deve lottare ogni giorno per sopravvivere non si ha il tempo, la voglia e la forza di rispettare qual- cosa che si ritiene, nel migliore dei casi, indiffe- rente al futuro e al benessere della propria famiglia e della comunità. Viaggiando in Laos tra queste popolazioni e con i mezzi locali è chiaramente visibile la mancanza di In alto: venditrice di cibo sul bus da Muang Khua a Oudom Xay. | A destra: al mercato di Phonsavan. un concetto di rispetto dell’ecosistema secondo la nostra concezione occidentale. Dai finestrini dei bus, dalle barche che solcano i fiumi o dalle ve- rande delle case in cui abitano queste popola- zioni, viene gettato nell’ambiente di tutto: sacchetti di plastica, bottiglie di vetro, abiti con- sunti, copertoni, carcasse di moto, auto o addirit- tura tuc-tuc o minibus. Strade e fiumi sono costellati di rifiuti. E sono ancora queste popola- zioni che cacciano o aiutano i bracconieri a sta- nare e uccidere animali le cui parti anatomiche sono ritenute miracolose per la medicina tradizio- nale. Insomma, l’idealismo proprio di alcuni mo- vimenti primitivisti cozza violentemente contro una realtà ben differente da quella ingenua- mente proposta. Vang Vieng è forse l’esempio più eclatante di que- sta doppia visione. Fino al 2012 era una cittadina devastata dal turismo giovanile: centinaia di mi- gliaia di ragazzi muniti di zaino si riversavano nel villaggio facendo uso di stupefacenti e alcool per poi ridiscendere il fiume Nam Song a bordo di ca- mere d’aria, tuffarsi nelle acque del fiume, lan- ciarsi lungo le zip-lines (speciali teleferiche a scopo ludico, ndr ). I bar mettevano a disposizione le droghe più varie: da funghi allucinogeni all’op- pio, dalle metamfetamine alla marijuana che, mescolate alla grande quantità di liquori offerti, formavano pericolosi cocktails . La popolazione della cittadina non ne poteva più: il turismo e la presenza di questi backpackers , dopo aver distrutto la tranquillità e l’armonia so- ciale metteva a rischio lo stesso ecosistema. I ri- fiuti non si riuscivano a smaltire, i campi erano cosparsi di bottiglie, sacchetti di plastica, vestiti, cartacce. Il sistema sanitario locale era al collasso e il piccolo ospedale lavorava solo per salvare tu- risti in stato di coma alcolico, in overdose o che si erano feriti durante le loro bravate. Nei periodi di

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