Missioni Consolata - Giugno 2020

bilmente essere una commer- ciante come Lidia, e altrettanta importanza avrà Priscilla , mo- glie di Aquila (la conosceremo al capitolo 18 di Atti). E sarà una donna, Febe , a portare nella ca- pitale dell’impero la delicatis- sima e complessa lettera di Paolo ai Romani (Rom 16,1-2: in quel tempo, chi portava delle missive doveva anche leggerle e spiegarle: evidentemente Febe non era una sprovveduta e l’autore se ne fidava). Anche se Paolo viene accusato di mi- soginia per un paio di passi delle sue lettere sicuramente mal riusciti, nelle sue comunità le donne godevano di impor- tanza e rispetto. Poteva essere anche questo uno dei motivi dell'attrazione che il cristiane- simo esercitava su persone che sapevano di valere molto, ma non erano valorizzate dalla so- cietà in cui vivevano. FRUSTATI PER CRISTO A Filippi, poi, succede un episo- dio significativo. In tutte le città attraversate da Paolo accade qualcosa che respinge altrove gli evangelizzatori. A Filippi il problema è una serva che si ri- teneva fosse posseduta dallo spirito di Apollo, tanto da pro- nunciare oracoli che i suoi pa- droni vendevano. Paolo, mo- strando poca pazienza (gli acca- drà ancora... la Bibbia sa ricono- scere i difetti dei suoi eroi), si stufa di sentirsela profetizzare dietro... e la guarisce. O meglio, per i lettori di Atti si tratta di una guarigione, ma per i padroni della donna è un disastro che pone fine a una fonte di guada- gno. Ancora una volta il mes- saggio cristiano interviene, ma- gari anche solo per noia, a valo- rizzare l’umano contro l’econo- mico, e a essere perseguitato per questo. I missionari vengono frustati (non flagellati, la frusta è una pena meno severa) e incarce- rati. A liberarli interviene un mi- sterioso terremoto, abbastanza forte da rompere le catene ma non da far crollare la prigione o da essere percepito dai capi della città. Il carceriere, ve- una chiesa in uscita dendo le celle aperte, se ne di- spera, ma poi si accorge che le persone a lui affidate sono an- cora lì: l’esito è il battesimo tanto suo quanto della sua fami- glia (ancora vita e dignità do- nate dal messaggio di Cristo). Al mattino i capi della città, pro- babilmente convinti di aver dato una lezione sufficiente a vaga- bondi non pericolosi, vogliono lasciare liberi i discepoli, limitan- dosi a scacciarli dalla città. Era una misura abbastanza dif- fusa per chi era ritenuto inoffen- sivo ma era stato accusato di qualche disordine ed era fore- stiero. Paolo ha però quello che sembra uno scatto d’orgoglio: «Sono cittadino romano, non me ne andrò senza le scuse». È la prima volta che sentiamo par- lare negli Atti della sua cittadi- nanza, che gli concedeva molti privilegi, tra cui una protezione giuridica particolare. Coloro che lo hanno fatto frustare iniziano a sudare freddo: era lecito affib- biare una punizione senza pro- cesso, ma non a un cittadino ro- mano. E chi avesse inflitto una pena ingiusta doveva subirla uguale. Eccoli allora arrivare al carcere a liberare personal- mente, con molte scuse, i quat- tro discepoli. È davvero solo or- goglio, da parte di Paolo? Pro- babilmente no. È possibile che la sua scenata riabilitasse pub- blicamente anche coloro che avevano creduto al suo annun- cio, che non potranno quindi es- sere perseguitati alla leggera. ALTRE TRIBOLAZIONI Le persecuzioni, in realtà, non fi- niscono. A Tessalonica sono al- cuni ebrei a sobillare la città, prendendosela con colui che ospita Paolo e compagni (At 17,1-8), i quali sono costretti a ri- partire, per Berea, dove fanno altri discepoli pronti anche, op- portunamente, a controllare che le prove bibliche portate siano corrette (At 17,11). Quindi Paolo approda ad Atene (At 17,15), la grande capitale della cultura greca, anche se ormai deca- duta. Angelo Fracchia (15-continua) Inoltre, la missione si apre sotto splendidi auspici. Al primo sa- bato passato in città, infatti, i quattro evangelizzatori cercano il luogo dove potrebbe essersi radunata la comunità ebraica. Come al solito, Paolo vuole an- nunciare innanzitutto agli Ebrei (At 13,46). A Filippi gli Ebrei però sono pochi e non hanno una si- nagoga, quindi si radunano sulle rive di un fiume, per poter procedere alle abluzioni prima e dopo la preghiera. In luoghi del genere era ancora più facile che arrivassero non solo gli Ebrei veri e propri, ma anche dei sim- patizzanti che potevano così sentir parlare della Bibbia. LIDIA E LE ALTRE DONNE Tra questi c’è Lidia (At 16,14). Si tratta di una commerciante di prodotti di pregio, come la por- pora che era un colorante pre- ziosissimo. Anche se in realtà può darsi che non si trattasse della porpora ma di tessuti colo- rati con la porpora, e magari non quella più costosa della Fe- nicia ma il tipo più economico dell’Asia (prodotta intorno a Tia- tira, di cui si dice che Lidia è ori- ginaria). Colorante o tessuti, era comunque un commercio di lusso. Lidia non solo si converte e viene battezzata seduta stante, ma «costringe» i missio- nari a lasciarsi ospitare in casa sua. Potrebbe stupirci tanta au- tonomia e libertà in una donna dell’antichità, e a ragione. Ma Li- dia è una commerciante. Le fi- glie di commercianti di suc- cesso erano tra le poche donne che, se non avevano fratelli e magari non si sposavano (o re- stavano vedove presto), pote- vano aspirare a una certa auto- nomia di movimento ed econo- mica, perché si sarebbero tro- vate a gestire la ditta di famiglia. Non erano figure diffusissime, ma neppure troppo rare. Nelle prime comunità paoline tro- viamo diverse donne del ge- nere, molto indipendenti: Cloe citata in 1 Cor 1,11 doveva proba- 34 giugno 2020 MC

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