Missioni Consolata - Giugno 2020

previsto ciò che il Sinodo per l’Amazzonia avrebbe affrontato nel 2019: difendere la terra si- gnifica difendere la vita. Posso affermare che il ministero epi- scopale di dom Aldo a capo della Chiesa di Roraima si è svolto in tempi difficili, di perse- cuzione aperta della Chiesa, di missionari che hanno fatto l’op- zione preferenziale per i più po- veri. Tempi di testardaggine profetica e coraggio evangelico. Era un pastore, un profeta, un vero padre e fratello per i più deboli. Animatore delle comu- nità, protettore e difensore dei missionari che erano lì con loro. Credo di poter sostenere, senza paura di sbagliare, che tutti i temi discussi dopo la convoca- zione, la preparazione e l’esecu- zione del Sinodo dell’Amazzo- nia, dom Aldo li aveva già nel cuore e aveva sempre lavorato molto duramente per creare una Chiesa modellata sul volto dei popoli indigeni. Egli aiutò a preservare i percorsi che Dio ha stabilito per l’uma- nità, sia a livello culturale che religioso; la sua pratica ci ha aiutato a salvare le strade che Dio ha stabilito per gli «ultimi». L’incontro con le popolazioni in- digene ha aiutato la Chiesa di Roraima e del Brasile, a sentirsi più al servizio e samaritana. PRECURSORE DEL SINODO Vorrei ricordare ciò che dom Aldo scrisse nella sua lettera pa- storale quando divenne ve- scovo emerito: «Sono stato spiato, ho subito minacce, in- sulti, false testimonianze. Di fronte a queste accuse, ho quasi sempre risposto con silenzio e perdono [...]. Per vent’anni poli- tici, giornali e stazioni radio lo- cali hanno attaccato la Chiesa di Roraima, lanciando contro di me e sui missionari della Consolata le critiche più velenose e le ca- lunnie più infami [...]. Quando partii per Roraima nel 1975, avevo solo il passaporto, il bi- glietto e il documento del papa, con cui ero stato nominato ve- scovo. Quando ho lasciato Ro- raima, non avevo più nemmeno quelli». Con tutta tranquillità posso af- fermare che la sua lotta non fu vana: dom Aldo è stato un grande profeta, un fedele difen- sore delle popolazioni indigene e dei loro territori. Aveva già Il percorso segnato da dom Aldo ha portato a percepire la bellezza di vivere in una plura- lità culturale e a comprendere il modus vivendi degli altri, che è la grande ricchezza della Chiesa dell’Amazzonia. La sua azione ha aperto percorsi attraverso il dialogo, la riconciliazione, la cura dei più deboli, l’opzione per i fragili, il coraggio di denun- ciare i draghi della morte che di- vorano la vita, il rispetto e la co- munione con le vite e i sogni degli ultimi. Che dom Aldo ci aiuti a supe- rare le tentazioni di discrimina- zione, xenofobia, omologazione e l’incapacità di avvicinarci alle popolazioni indigene! Roque Paloschi 31 MC MC A © Carlo Zacquini Qui sotto: dom Aldo Mongiano ( al centro della foto ) in visita alla Missione Catrimani, nella Terra indigena yanomami. * " (1) Lo scorso 4 maggio il C IMI di dom Roque Paloschi è stato attaccato in maniera durissima (e vergognosa) in un comunicato ufficiale della F UNAI , l’organo indigenista oggi in mano a Bolsonaro e ai latifondisti, ovvero ai primi nemici dei popoli indigeni. La Funai ha anche resti- tuito all’autore una serie di foto di S EBASTIÃO S ALGADO in risposta alla sua campagna internazionale in favore dei popoli indigeni e contro la dirigenza brasiliana. (P.M.) Dom Aldo ha aiutato a percepire la bellezza di vivere in una pluralità culturale.

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