Missioni Consolata - Giugno 2020

relazione. Come ci insegnano i sacerdoti che ci accompagnano, il primato è quello della vita, non del programma. La sfida, quindi, è di decostruire la mentalità dei programmi, per partire dalla vita e aiutarla a crescere. Poi, una volta arrivati, avendo figli, es- sendo ancora abbastanza gio- vani, è venuto da sé che il primo contatto sia stato con la pasto- rale giovanile, e subito dopo con le persone della nostra età». Il cuore dell’esperienza della fa- miglia Longoni, comunque, ri- mane l’abitare: «L’abitare dice molto di come una persona, una famiglia, una comunità vogliono essere». «L’abitare è fare casa - aggiunge Corinna -. Se io abito un luogo, faccio sì che esso di- venti la “mia casa”. Gli dò un certo stile, ma poi non è solo casa mia, è la casa di tutti, dove uno può entrare, trovare un volto amico, sentirsi accolto». «Don Luca ci dice che apprezza la nostra apertura - riprende Mat- tia -. È lo stile che abbiamo impa- rato dai missionari della Conso- lata: quello di non stringere ami- cizie a gruppetti ma in un unico grande gruppo che è la comu- nità, dell’attenzione a chi è in dif- ficoltà, dell’avere la porta di casa aperta, dell’accogliere senza for- malismi persone a pranzo o a cena, quando capita». «Anche il fatto di considerarsi sempre un po’ stranieri - prose- gue Corinna -, del sentirsi dentro tenendosi un passo indietro, la capacità di dire: “Non è mio”. A questo proposito mi viene sem- pre in mente padre Giuseppe Ramponi che ci aveva detto: “A Guayaquil ricordatevi di sentirvi pensare al futuro: «Oggi, con i fi- gli di 5, 8 e 10 anni, siamo nella dimensione dell’avventura - ri- flette Mattia -. Quando però sa- ranno adolescenti, gestirli in una realtà del genere, francamente, non siamo certi che vada bene. Ci stiamo interrogando. C’è chi fa delle esperienze bellissime, c’è chi invece fa fatica». «Dob- biamo interrogarci sul senso che avrebbe rimanere qui, sulla ne- cessità di prolungare, piuttosto che di offrire l’opportunità a qualcun altro di venire al nostro posto», aggiunge Corinna. «L’esperienza delle Famiglie mis- sionarie a km0 sta prendendo piede - continua Mattia -. Per noi questa esperienza vuol dire mo- strare un volto diverso di Chiesa rispetto alla secolarizzazione da una parte e al clericalismo dal- l’altra. Però con altri cinque anni qui, rischieremmo di far diven- tare questo luogo “roba nostra”». Tra i sogni di Corinna e Mattia, ci pare di capire, c’è quello di una nuova partenza, e quello di la- sciare il testimone di San Rocco a qualcun altro, magari una fami- glia della parrocchia. Chiediamo anche a Chiara e Ric- cardo cosa pensano del loro fu- turo, benché l’esperienza attuale sia iniziata da poco. In partico- lare chiediamo loro se pensano di ritornare un giorno o l’altro nella loro Brianza. Mentre po- niamo la domanda, passa loro vi- cino Paola, la figlia più grande, che, con l’accento veneto, dice decisamente di no: «Boh, chi lo sa», risponde Chiara sorridendo, «qui c’è mia figlia che dice no!». «Noi qui abbiamo cinque anni di contratto che potrebbe rinno- varsi, quindi abbiamo davanti un orizzonte di dieci anni… e poi non lo so. Si vedrà». Luca Lorusso 26 giugno 2020 MC " Non è solo casa mia, è la casa di tutti, dove uno può entrare, trovare un volto amico, sentirsi accolto. come a casa vostra sapendo che non è casa vostra”. Io credo che dobbiamo essere un po’ leggeri. Sapere che niente ci appartiene, che tutto è grazia di Dio da non considerare “roba nostra”. Altra cosa bella che abbiamo impa- rato dai missionari è che, dovun- que vai, la presenza del Signore c’è prima di te, oltre te. Che non sei tu il protagonista di tutto». PROSPETTIVE MISSIONARIE Corinna e Mattina sono al loro quarto anno su cinque a San Rocco. Sta arrivando il tempo di * Qui: la famiglia Longoni con i sacerdori della comunità pa storale di cui fa parte la parroc chia di San Rocco nella quale vivono. Da sinistra don Alberto Colombo, don Pierangelo Motta, don Luca Magnani, pa dre Daniele Frigerio. * © Corinna Melighetti

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