Missioni Consolata - Maggio 2020
4 chiacchiere con... Che successe dopo? Con un pugno di combattenti mi rifugiai sulle montagne e ben presto mi trovai al comando di un vero esercito, Ejército defen- sor de la soberanía nacional (Esercito difensore della sovra- nità nazionale), composto da volontari provenienti anche da altri paesi americani. Con esso condussi per cinque anni un’ef- ficace guerriglia contro gli oc- cupanti statunitensi, infliggendo loro delle sonore sconfitte. Essi lontà e determinazione, a quel punto avesse raggiunto i suoi obiettivi. Certo che, quando il primo di gennaio del 1933, vidi ritirarsi le truppe nordamericane dal terri- torio nicaraguense, provai una profonda commozione e una grande gioia. Finalmente era- vamo liberi a casa nostra. Però restava da dare un im- pianto istituzionale e un pro- gramma sociopolitico al nuovo Nicaragua che, grazie a voi, si affacciava con la sua specificità sullo scenario mondiale. Era una faccenda tutt’altro che facile. Avevo accettato il trattato di pace e deposto le armi, ma la situazione non era pacifica, an- che perché la Guardia nazio- nale, che fu ufficialmente incari- cata della sicurezza del paese, non perdeva occasione per ri- farsi sui vecchi nemici sandinisti. In più Anastasio Somoza, capo della Guardia, aveva nella pro- pria testa un solo obiettivo: prendersi tutto il potere. risposero organizzando, finan- ziando e armando la Guardia nazionale (l’esercito ufficiale del Nicaragua) al soldo dei latifon- disti, sfruttando la divisione tra le varie componenti del paese. Fu una guerra dura e senza esclusione di colpi. Fino al 1933 quando, negli Usa della Grande depressione iniziata nel 1929, il presidente Roosvelt decise di cambiare tattica e scegliere una «politica di buon vicinato». Ven- nero ritirate tutte le truppe dai paesi centroamericani e carai- bici, Nicaragua compreso. Dopo il ritiro nel gennaio del 1933 delle forze armate ameri- cane dal suolo nazionale, ac- cettai di interrompere la lotta armata, ottenendo in cambio dal presidente liberale Juan Bautista Sacasa un’amnistia e la possibilità di creare con i miei uomini delle cooperative agri- cole nella regione del fiume Coco. Si può dire che la lotta per gli ideali di giustizia e pace sociale, grazie alla tua vo- 72 maggio 2020 MC U n uomo buono e deciso, testardo e tutto d’un pezzo come César Augusto Sandino, non po- teva immaginare il tradimento di Anastasio Somoza, forse uno dei più viscidi politici della storia dell’America Centrale. Per assumere il potere, Somoza aveva deciso di eliminarlo. Spinto dai propri ideali, Sandino andò incontro alla morte, mentre viaggiava per partecipare a un incontro di pacificazione tra le varie forze nicaraguensi. Fu ucciso in un’imboscata in una notte del febbraio 1934, sotto un cielo pieno di stelle. Il suo nome, la sua forza d’animo e la sua dignità si trasformarono immediatamente in leggenda per tutto il continente americano. Conoscere la storia di questo eroe semplice significa imparare che cosa è l’America Latina «centrale», dove scorrono le sue arterie più nascoste, le sue «vene profonde», là dove la gente conserva e recu- pera il suo status di umanità. La storia di Augusto César Sandino è la storia della fierezza e della libertà di ogni uomo che non si arrende ai soprusi dei potenti né ai despoti di turno. Don Mario Bandera
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=