Missioni Consolata - Maggio 2020
MC R 71 maggio 2020 MC Caro comandante, una delle prime cose che suscitano un certo stupore in chi ti avvi- cina è il modo con cui acco- gli l’interlocutore… Da sempre, quando saluto o ac- colgo qualcuno non gli dò la mano, ma preferisco abbrac- ciarlo: sono convinto, infatti, che ogni uomo - specialmente il più povero - porta dentro di sé la pienezza della dignità insita in ogni essere umano. Così fa- cendo cerco di portare alla luce questa qualità nei centroameri- cani. Parlaci un po’ di te, della tua vita in Nicaragua… Nacqui il 18 maggio 1895 a Ni- quinohomo, nel dipartimento de Masaya, figlio illegittimo di un ricco coltivatore di caffè che aveva approfittato di mia madre che lavorava nei suoi campi. Ab- bandonato a 9 anni da mia ma- dre, per un po’ vissi con mia nonna e, appena fui in grado di lavorare, venni accolto nella casa di mio padre dove dovevo comunque lavorare per guada- gnarmi da vivere A 17 anni, era il 1912, restai molto impressionato dalla morte del generale Benjamin Zaledon, un patriota della mia terra che, con pochi uomini e con scarse risorse a sua disposizione, si era opposto alle truppe statunitensi che erano sbarcate in Nicara- gua a sostegno del presidente Adolfo Diaz. Sopravvissi lavorando nella terra di mio padre fino al 1921, quando in un violento litigio ferii uno che aveva fatto commenti denigratori su mia madre. E cosa comportò quel feri- mento? Dovetti scappare dal paese per evitare la vendetta della sua po- tente famiglia. Mi misi a viag- giare e a lavorare per i paesi del Centro America, arrivando in Messico. Fu in quel paese che cominciai la mia «formazione politica» e iniziai a rendermi conto degli influssi pesanti del- l’ingerenza nordamericana nella vita dei nostri paesi. Direi che fu lì che mi convertii all’antimperia- lismo. Nel 1926 rientrai in Nica- ragua, andando al mio paese, dove nel frattempo il mio vec- chio nemico era diventato sin- daco. Fui costretto a rifugiarmi in una città del Nord. In quel periodo scoppiò lo scontro aperto tra liberali e conservatori. Con l’appoggio statunitense quelli del partito conservatore avevano estromesso il presi- dente liberale. I liberali allora avevano iniziato una vera guerra perché fosse rispettata la Costituzione. A sostegno dei conservatori e dei loro interessi (era in gioco anche il progetto della costruzione di un secondo canale dall’Atlantico al Pacifico che doveva passare attraverso il Nicaragua) gli Usa avevano oc- cupato militarmente le coste catturando anche il leader dei li- berali. In questa situazione io entrai a far parte delle truppe li- berali, inizialmente senza grandi successi. Ma poi le cose cambiarono. Dopo le prime sconfitte, mi misi a studiare a fondo le tattiche di guerriglia e in breve le cose cambiarono, riuscendo anche ad avere un nutrito gruppo di cavalleria proveniente dalla città di San Juan de Segovia. Con loro riportammo vittorie signifi- cative sulle truppe dei conser- vatori sostenuti dagli statuni- tensi. Ma, di fronte al rischio di un intervento diretto degli Usa, i liberali e i conservatori nel 1927 si misero d’accordo rimandando tutto alle elezioni del 1928. Tu però non accettasti quel patto. Mi ritirai allora al El Chipote, una cittadina quasi sulla costa del Pacifico, dove misi su famiglia. Fu lì che la mia lotta ebbe una svolta, da guerra civile (liberali e conservatori) a lotta patriottica contro gli invasori nordameri- cani. Il 12 maggio 1927 scrissi un messaggio diretto alle autorità locali di tutti i dipartimenti del paese per rendere pubblica la mia determinazione di conti- nuare la lotta finché i militari nordamericani non avessero la- sciato il paese. Il primo giorno del mese di lu- glio del 1927, insieme ai miei compagni emisi un Manifesto politico rivolto a tutto il popolo del Nicaragua, mentre il 14 dello stesso mese risposi negativa- mente alla proposta di sospen- dere le nostre azioni di guerri- glia in tutto il paese che il capi- tano dei marines degli Stati Uniti, Gilbert Hatfield, mi aveva fatto recapitare.
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