Missioni Consolata - Maggio 2020
E la chiamano economia 64 maggio 2020 MC Ma davvero non abbiamo altro destino? Diciamocelo: l’economia non è come la fisica che è governata da regole naturali immodificabili come la forza di gravità. L’eco- nomia è frutto di regole umane che possiamo cambiare in ogni momento. E se oggi ci troviamo nella condizione di non avere altro modo di affrontare le emergenze se non indebitan- doci, è perché abbiamo fatto scelte assurde nella gestione della moneta. C’è una certa ri- trosia a criticare l’euro perché non si vuole mettere in discus- sione l’appartenenza all’Unione europea. Ma l’attaccamento all’Europa non si dimostra ac- cettando tutto ciò che fa, bensì sapendo criticare ciò che non va. Chi critica e propone modifi- che dimostra di amare l’Europa più di chi l’accetta così com’è. I sentimenti antieuropei sempre più diffusi da un capo all’altro dell’Unione non hanno matrice ideologica, ma pratica. Sono frutto dell’esperienza di chi ha constatato che le regole euro- guerre commerciali, ma valoriz- zare l’economia locale. Ogni paese dovrebbe produrre tutto il possibile per la propria popo- lazione in modo da evitare tra- sporti inutili, salvaguardare l’oc- cupazione, tutelare la propria autonomia. Quando l’emer- genza sarà finita dovremo impe- gnarci per fare cambiare le re- gole dell’ Organizzazione mon- diale del commercio (Omc) af- finché l’obiettivo non sia più l’e- spansione del commercio fine a se stesso, ma la salvaguardia delle economie locali, la tutela dei diritti dei lavoratori, la ridu- zione dell’anidride carbonica. LO STATO E LA UE Il secondo spunto di riflessione offerto dalla situazione creata dal coronavirus riguarda lo stato: il suo ruolo e le sue vie di finanziamento. Di fronte alle dif- ficoltà in cui sono venuti a tro- varsi cittadini, ospedali, interi comparti produttivi, giustamente lo stato ha deciso di intervenire con stanziamenti eccezionali, non solo per rafforzare gli inter- venti di prevenzione e cura con- tro l’infezione, ma anche per so- stenere i redditi, salvaguardare l’occupazione e potenziare gli ammortizzatori sociali di quanti stavano subendo un danno eco- nomico dall’epidemia. In gioco c’erano migliaia di posti di la- voro e quindi il pane di migliaia di famiglie: intervenire era un obbligo morale e sociale prima ancora che un’esigenza econo- mica. Chiarita l’assoluta necessità di intervenire, non si può fare a meno di considerare che l’ope- razione è stata fatta a debito peggiorando un quadro già molto critico. Non tanto per le maggiori somme che dovremo restituire a titolo di capitale , quanto per la maggiore quantità di denaro che dovremo sbor- sare a copertura degli interessi . Soldi dei cittadini che in misura crescente saranno distolti da servizi e investimenti collettivi per finire nelle tasche dei nostri creditori. È il solito vecchio gioco del sollievo di oggi che prepara la pena del domani. nessuno abbia a rimanere senza lavoro e, quindi, senza mezzi di sostentamento. «Covid-19 ci ha costretto a fer- marci e, speriamo, anche a ri- flettere. Da un lato ha messo in ginocchio il nostro modello in- dustriale, mettendo in crisi il la- voro e la vita di milioni di per- sone, ma dall’altro, paradossal- mente, ha ridotto massiccia- mente le emissioni di gas serra nel mondo (oltre il 25% solo in Cina) e ha ripulito l’aria della Pianura Padana dalle polveri sottili. Non facciamo sì che un ri- torno alla normalità significhi rimpiazzare le mascherine anti- virali con quelle antismog». Così scriveva un gruppo di par- lamentari in una lettera ad Avvenire il 18 marzo 2020. E forse è proprio dalle contraddi- zioni che il coronavirus ha messo in evidenza che po- tremmo cominciare per rifor- mare la nostra economia . Mi li- miterò solo a due aspetti. PER UN’ECONOMIA LOCALE Il primo si riferisce alla carenza di mascherine: in Italia non se ne trovano semplicemente per- ché non esiste più un’impresa che le produca. Conseguenza di una globalizzazione totaliz- zante che, portando alle estreme conseguenze la teoria dei vantaggi comparati, ha tra- sferito in Cina e altri paesi a basso costo produttivo qualsiasi tipo di produzione. Tutte le scelte a senso unico, prima o poi, presentano il conto, perché la vita non è mai fatta di un solo elemento, ma di tanti aspetti che devono stare in equilibrio fra loro. L’impostazione mercan- tile pretende di imporci come unica legge la convenienza mo- netaria. Di conseguenza ci ha catapultati in una globalizza- zione incondizionata , che però ci ha fatto prima subire contrac- colpi sul piano ambientale e poi anche su quello della sicurezza sanitaria. Già venti anni fa Wolf- gang Sachs ci aveva avvertito della necessità di ritrovare il senso di casa che non vuol dire rinchiudersi nell’autarchica, tanto meno avventurarsi in © Nickolay Romensky
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