Missioni Consolata - Maggio 2020

L’INCONTRO CON GLI ALTRI Uomini diversi da noi Q uando l’antropologia muoveva i suoi primi passi come ambito di studio con un suo proprio statuto scienti- fico, nella seconda metà dell’800, i missionari già da tempo andavano nei paesi di missione dei vari continenti per in- contrare e convertire popoli non cristiani. I «nuovi» antropologi iniziarono a frequentare quegli stessi luoghi per studiare culture e orga- nizzazione sociale dei popoli visitati. In un caso e nell’altro, si trattava di incontrare «uomini diversi da noi», per riprendere il titolo (italiano) di un libro dell’antropologo britannico John Beattie. A quel tempo, e per qualche decennio, gli sbagli furono molti: imperialismo, dominazione colo- niale, monopolio culturale dell’Occidente, indivi- duazione di culture superiori e culture inferiori. C’era tutto questo. «Gli antichi Greci - scrive Beattie - credevano che tutti i popoli di stirpe non ellenica fossero bar- bari, selvaggi incivili. Sarebbe stato del tutto fuori posto trattarli come individui veri e propri. E anche oggi in nazioni notevolmente progredite troviamo gente che considera popoli di razza, nazione e cultura diversa in modi non molto dis- simili da quelli citati, soprattutto se il colore della loro pelle è diverso oppure se essi si diffe- renziano per fede religiosa o credo politico» 1 . Per quanto riguarda i portatori di altre fedi reli- giose come i missionari, lo studioso inglese con- cede: «Nessuno sa meglio degli antropologi sociali quanto abbiano contribuito al benessere delle popolazioni africane molte migliaia di mis- sionari di tutte le confessioni, che dedicarono la loro vita a tale scopo. Tuttavia, […] il loro mes- saggio non è sempre stato capito, e spesso gli ef- fetti prodotti […] sono stati quelli di sconvolgere le istituzioni tradizionali, sia quelle moralmente innocue, sia quelle moralmente riprovevoli da un punto di vista cristiano». Riconoscere uno sconvolgimento delle istituzioni tradizionali vuole intendere che l’opera dei mis- sionari e quella degli antropologi sono inconci- liabili? «I missionari - ammette Beattie - sono stati in grado di fare la loro antropologia. [Essi] hanno il vantaggio di un soggiorno prolungato in una singola comunità e, di solito, di una buona conoscenza della lingua indigena. Alcuni degli studi più profondi delle istituzioni e dei modi di pensiero indigeni sono dovuti a missionari». Verso gli uni e gli altri è durissimo Alfonso Maria Di Nola, uno dei più famosi antropologi italiani (1926-1997), che vede «una prepotenza e una vio- lenza immorale dell’uomo occidentale che si au- todimensiona come unica realtà di cultura e nega la comprensione di ogni altro uomo come portatore di diversità e di alienità. La quale vio- lenza e prepotenza - consolidate negli studiosi occidentali anche più eminenti da una colposa pigrizia a uscire eroicamente dal proprio guscio culturale e alimentata dal terrore di scoprire le dimensioni altre ed aliene, quasi fossero atten- tati alla propria sicurezza - è stata una delle cause di tragica incomprensione fra uomini e ha fondato i diritti all’aggressione, all’imperialismo, al colonialismo» 2 . U scì certamente dal suo guscio - non senza scandalo - padre Silvano Sabatini (1922- 2014), 40 anni tra gli indigeni dell’Amaz- zonia. La sua - ha scritto Antonino Colajanni, antropologo de La Sapienza - è stata una magni- fica storia di missionario «che si pone alla prova, che si trasforma con l’esperienza del contatto in- terculturale» 3 . Padre Sabatini - scrive ancora Colajanni - «passa rapidamente dallo “scandalo” per la nudità degli indios di fronte all’altare di Cristo alla compren- sione dei loro diversi valori, del loro diverso senso del pudore. Coglie immediatamente un tratto della cultura indigena, quella sorta di “teo- logia ambientale” che li fa sentire come parte del di PAOLO MOIOLA ssier 34 maggio 2020 Due categorie - i missionari e gli antropologi - che parrebbero molto lontane. Invece, è vero il contrario. Si sono spesso incrociate. Spesso hanno compiuto gli stessi errori. Sempre hanno avuto dilemmi su come comportarsi davanti a «uomini diversi da noi».

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