Missioni Consolata - Maggio 2020

(concreta) di essere espulso e di dover tornare in Cina, dove è certo che verrebbe nuovamente arrestato. LA STORIA DI VIVIAN Mentre Marco parla, alla sua de- stra intravvediamo Vivian, in- quadrata a metà dalla webcam, che annuisce a tutte le parole di Marco. Quando ci rivolgiamo a lei, Vivian sposta la telecamera su di sé e inizia il racconto: «L’11 dicembre 2011 stavo andando a un incontro di predicazione del Vangelo con alcune sorelle che lavoravano nella stessa azienda, ma siamo state arrestate. La po- lizia non ha mostrato nessun do- cumento, però ci ha costrette a salire su un’auto e ci ha portate in una caserma. Lì, ci minaccia- vano dicendoci che in Cina non possiamo credere in Dio, ma solo nel Pcc. Poi ci hanno por- tate in un posto dove non ci hanno dato da mangiare e bere. Quella sera il direttore dell’a- zienda è venuto in caserma per salvarci. I poliziotti ci hanno mi- nacciate dicendoci che se aves- simo continuato a credere in Dio, saremmo state arrestate di nuovo e condannate. Al diret- tore della compagnia, invece, hanno detto che doveva convin- cerci a rinunciare alla nostra fede». Quando Vivian è tornata nell’a- zienda, i colleghi non le parla- vano e lasciavano in vista giornali con informa- zioni negative sulla Chiesa di Dio Onni- potente: «Il go- verno cinese ha fabbricato false notizie sulla Cdo, e le divulga». LIBERTà RELIGIOSA potevo usarli per fare altre cose. Dal 2004 al 2012 sono stato senza documenti, poi, nel 2012, con l’aiuto di un amico che aveva le conoscenze giuste, sono riuscito a fare il passa- porto. Nel 2015 un fratello di fede che viveva con me, è stato arrestato. Di conseguenza an- che io ero in pericolo. Allora ho deciso di scappare». Il 2015 è stato l’anno dell’Expo di Milano e del giubileo straordinario. In quell’anno era semplice otte- nere un visto per l’Italia. «Con l’aiuto dell’amico che mi aveva procurato il passaporto, ho otte- nuto un visto e sono partito per fare richiesta di protezione in- ternazionale in Italia». PAURA DI TORNARE La questione del passaporto è spesso uno dei punti critici per l’ottenimento dello status di rifu- giato in Italia. Le commissioni territoriali, e poi i tribunali dei ri- corsi, si domandano come sia possibile per una persona «schedata» ottenere un rego- lare passaporto dalle stesse isti- tuzioni che perseguitano. È opi- nione comune di chi si occupa di questa tipologia di richiedenti asilo, però, che l’alto livello di corruzione in Cina possa aprire maglie abbastanza grandi nella fitta rete dei controlli. Oggi Marco è in attesa della sentenza della cassazione sulla sua richiesta di asilo, dopo il di- niego in prima istanza e la per- dita del ricorso in appello. Gra- zie al permesso di soggiorno temporaneo, lavora come rider per un ristorante, consegnando cibo a domicilio, e ciò che gua- dagna lo usa anche per pagare l’avvocato. Marco ci racconta che finalmente in Italia può vi- vere liberamente la sua fede, ma che comunque continua ad avere paura: ad esempio per i genitori e la sorella, anch’essi credenti in Dio Onnipotente, ri- masti in Cina e mai più sentiti dal momento della sua partenza per evitare di essere intercet- tato dal governo che controlla telefono e internet, e quindi creare problemi ai suoi. La sua paura più grande, poi, è quella Dato che la situazione era sem- pre più pesante, a un certo punto la donna ha deciso di ri- nunciare al lavoro e di trasferirsi in un’altra città. PREGARE NASCOSTI «In Cina non possiamo vivere la nostra fede apertamente. Nor- malmente per pregare ci tro- viamo in tre o quattro persone a casa di un fratello. Quando si entra, si controlla che non ci sia nessuno che ha visto, poi si chiudono porte e finestre per non far sentire le voci, e lasciamo qualcuno fuori a fare il palo. Tra fratelli non usiamo internet 28 maggio 2020 MC guandoandelei / flickr.com evanse1 / flickr.com

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