Missioni Consolata - Maggio 2020

* 18 maggio 2020 MC Questo servizio rientra nell’ambito del progetto «The Warao Odissey» ese- guito da Missioni Consolata Onlus e prodotto con il contributo finanziario dell’U- nione europea e della Regione Piemonte attraverso il bando «Frame Voice Report!» del Consorzio Ong Piemontesi. Qui sopra: un’addetta di Acnur ci mostra un adesivo con la scritta «Yakera!», la parola dei Warao per salutare. Con essa avevamo iniziato il nostro reportage e con essa lo terminiamo. * Siamo di nuovo alla frontiera. Le formalità burocratiche sono rapide, ma in uscita c’è una lunga colonna di auto. Ci sono parecchi brasiliani venuti a rifor- nirsi di carburante alla pompa venezuelana che vende a un prezzo conveniente. Superata la «linea», passiamo nella tenso- struttura per ottenere il timbro d’entrata della polizia federale brasiliana. E, di seguito, negli spazi di Acnur approntati sotto la struttura, dove abbiamo ap- puntamento con Rafael. L’ufficio dell’agenzia dell’Onu è un’area ricavata sotto le tende con para- tie mobili, senza finestre, ma con l’aria condizionata. Sui pan- nelli bianchi che fungono da pa- reti sono stati affissi manifesti esplicativi, adesivi («Acnur rin- grazia l’appoggio degli Stati Uniti» dice uno di essi), scritte in varie lingue, anche indigene. «Yakera!», si legge da più parti. Rafael non arriva, ma ci viene comunicato che abbiamo il per- messo per entrare nell’abrigo di Janokoida, il rifugio per indigeni di Pacaraima. BALLANDO A JANOKOIDA L’abrigo Ja- nokoida («Casa grande», in lingua indigena) è distante poche centinaia di metri dal centro della cittadina ed è gestito dal- l’Operazione accoglienza ( Operação acolhida ). Sul can- cello che preclude l’accesso al rifugio è appeso un cartello con le regole, mentre ai lati svento- lano due bandiere, quella del Brasile e quella dell’Operação acolhida. Subito padre Kokal, che fin dall’inizio del viaggio ci accompagna nelle vesti di an- tropologo e traduttore, viene av- vicinato da decine di Warao, donne e bambini soprattutto, per un caloroso saluto. Janokoida è posta sul costone di una collina. In alto ci sono l’entrata, gli uffici e un capan- none per gli ospiti, più sotto ci sono una tettoia con svariati fuochi (utilizzabili da chiunque) e un tendone. Accompagnati da Lis, una giovane addetta di Ac- nur, entriamo nel capannone dove, riconosciuto da molti ospiti, padre Kokal viene presto coinvolto in un canto e una danza collettivi. Noi ne approfittiamo per dare un’occhiata attorno. Come a Pintolandia, il rifugio di Boa Vi- sta, anche qui ci sono strutture in ferro alle quali gli indigeni (quasi tutti Warao) possono ap- pendere le loro amache. Per molti di loro il passaggio successivo sarà Boa Vista, e poi, alcuni, sempre in gruppi famigliari, proseguiranno per Manaus. Mentre parliamo con Lis arriva anche Rafael. Un militare gra- duato ci gira attorno con aria indagatrice, per capire chi siamo e cosa ci facciamo lì. Ci colpisce lo sguardo perso e velato di tristezza di un’an- ziana warao, che sembra non capacitarsi di essere così lon- tana dal delta dell’Orinoco. Marco Bello e Paolo Moiola (4.a puntata - fine) © Paolo Moiola Ai lettori Questa è l’ultima puntata del nostro reportage. Non abbiamo spazio per ringraziare personalmente tutte le persone che ci hanno aiutato in questa avventura. Lo facciamo, quindi, in modo comunitario. Vogliamo anche ricordare che stiamo lavorando alla produzione di un documentario sull’«Odissea Warao». Sperando che, nel frattempo, il mondo sia tornato alla vita. Grazie per l’attenzione con cui ci avete seguito. Marco e Paolo

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