Missioni Consolata - Maggio 2020
sulta giudicarla. Ci dicono che la proprietaria del terreno li lascia stare, mentre chi possiede la terra circostante non permette loro di coltivare. Così vivono, o meglio sopravvivono, di elemo- sina e piccoli aiuti. Torniamo verso il centro, pas- sando accanto alla gigantesca (e brutta) statua di Santa Elena. E poi a una pompa di benzina, chiusa e presidiata da militari. «Funziona soltanto alcune ore al giorno - ci spiega padre Car- los - e la benzina è razionata. In compenso, il carburante è prati- B oa Vista . Leany Torres Moraleda, giovane indigena warao di Tucupita, è sempre stata molto attiva e impegnata nel sociale. «A Tucupita - racconta - ero impegnata in molte attività. Collaboravo con la pastorale indi- gena della chiesa cattolica, ero direttrice del gruppo di ballo Eco Warao, un gruppo che fa danza autoc- tona ma anche contemporanea. Intanto, lavoravo come insegnante in una scuola della città. Nono- stante tutto questo, guadagnavo molto poco. Il mio salario mensile bastava appena a comprare mezzo chilo di formaggio e un po’ di frutta. Il resto dei giorni cercavamo cibo, chiedendo in giro. Arrivai a essere molto denutrita, con mia figlia di otto anni che piangeva per la fame». Leany non riesce a trattenere le lacrime. Cerca di mantenere un contegno, si sfrega gli occhi, chiede da bere. «Decidemmo di partire un giorno in cui non ave- vamo più nulla. Pensammo al Brasile, perché ave- vamo sentito che c’era cibo e lavoro. Mia mamma non era d’accordo, ma ci disse: “Se volete andare, andate”». Era l’aprile del 2018. Molti erano i Warao che lasciavano la loro terra. «Mentre pianificavo il viaggio, mi chiamò un’a- mica e mi chiese se andavamo in Brasile. Deci- demmo di partire insieme». Leany viaggiava con la figlia Joisi e la nipote Liz. Si formò un gruppetto. «Iniziammo a vendere tutto quello che si poteva per avere un po’ di soldi e pagare il trasporto». «Partimmo un martedì» «Partimmo un martedì. Eravamo in undici e ave- vamo molta speranza. Il saluto alla famiglia e ai genitori fu straziante. Prendemmo il bus per Santa Elena. Pensavamo che il viaggio sarebbe stato più corto, invece c’erano molti posti di blocco. I mili- tari fermavano il mezzo, ci facevano scendere, controllavano i bagagli. Il tragitto durò un giorno e una notte (per poco più di 700 km, ndr ). Durante il viaggio, il bus si ruppe alle 3 del mattino. E poi un’altra volta, sempre nel mezzo del nulla. Però, alla fine, arrivammo a Santa Elena». «Lì avevo un contatto. Riuscimmo a lavarci e man- giare un poco. Ma il tempo era davvero scarso. Sta- vamo in gruppo e ci aiutavamo a vicenda. Ini- ziammo a incamminarci a piedi verso la frontiera, pensando che il cammino fosse corto. Però verso l’una del pomeriggio eravamo molto stanchi (in ef- fetti, si tratta di circa 18 km, ndr ), quindi cercammo un passaggio. Eravamo rimasti in quattro. Non sa- pevamo quanto restava da camminare». Leany e il suo gruppo trovarono un passaggio. «Ar- rivato un camion, la signora a lato del guidatore ci chiese se fossimo indigeni e dove andavamo. Disse che volevano aiutarci a raggiungere il Brasile. I due * BRASILE VENEZUELA © Marco Bello " Avevamo sentito che in Brasile c’era cibo e lavoro. I Warao verso la frontiera / 2 «Il giorno in cui ci accorgemmo di non avere più nulla» Il viaggio di Leany, indigena warao di Tucupita. © Marco Bello
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