Missioni Consolata - Maggio 2020

un piccolo edificio colorato con l’insegna «Seguridad indígena» e il disegno di un indiano con arco e frecce. È un posto di con- trollo dei Pemones, l’etnia indi- gena attualmente in lotta con il governo di Maduro per que- stioni relative allo sfruttamento del territorio, ricco di oro e dia- manti. Noi saremo ospiti dei cappuc- cini, poco fuori del centro e vici- nissimi alla cattedrale di Santa Elena, solido edificio costruito in pietra locale. La casa dei missio- nari gode di una posizione so- praelevata rispetto a Santa Elena che si stende in basso, immersa nel verde. Padre Car- los Caripá, il superiore, ci spiega che la sua piccola comunità si trova già in territorio pemon. I WARAO DI SANTA ELENA Qui i Warao sono poche decine e relegati fuori dalla città, vicino alla stazione degli autobus, dove ci facciamo condurre. È il gruppo Warao Terminal La visione non è piacevole. Il * BRASILE VENEZUELA 14 maggio 2020 MC S anta Elena de Uairén . La cittadina vene- zuelana è l’ultima prima di giungere alla frontiera con il Brasile, che dista circa di- ciotto chilometri. Questo è il territorio del popolo indigeno pemón, la Gran Sabana, zona di turismo e di miniere d’oro (legali, ma soprattutto illegali). Nel giardino interno della cattedrale di Santa Elena, sede del Vicariato apostolico del Caroní, in- contriamo Peggy Vivas, missionaria laica venezue- lana, «con spiritualità marista», ci specifica. Peggy ha una lunga esperienza di lavoro con i Warao, in quanto ha lavorato 12 anni con monsignor Felipe Gonzalo e padre Carlos Caripá nel vicariato aposto- lico di Tucupita, stato del Delta Amacuro. Nel 2014 il vescovo e padre Carlos vengono trasferiti a Santa Elena e Peggy decide di seguirli. «In quell’anno i Warao erano già arrivati a Santa Elena. Tanto che un’insegnante di qui scherzava dicendo: i Warao hanno preparato il cammino a mons. Felipe». Nel 2017, arriva a Pacaraima, la città brasiliana di frontiera, padre Jesús de Bombadilla, spagnolo. «Padre Jesús - racconta Peggy - inizia a motivare la gente della città affinché si mobiliti per aiutare i Warao. Questi, all’inizio, dormivano in strada, non potevano lavarsi né lavare i propri vestiti. Per for- tuna, in questo suo percorso il sacerdote trova l’aiuto proprio di mons. Felipe che i Warao li cono- sce bene». Per diversi mesi, mons. Felipe e la sua équipe fanno la spola attraversando la frontiera per aiutare i colleghi nella nuova emergenza. «Il Warao è molto religioso - continua la missiona- ria -, chiede accompagnamento spirituale. Per que- sto, il monsignore si recava a Pacaraima a dire messa in spagnolo per gli indigeni. Noi cercavamo di aiutare anche bambini e giovani, facendo atti- vità prima della funzione. Finché le circostanze lo hanno consentito, lo abbiamo fatto». Warao e Pemones L’arrivo dei Warao in area pemón porta ad attriti, anche se non c’è un vero e proprio conflitto. «I Pemones sono gelosi del proprio territorio. Quando sono arrivati i Warao, ai Pemones non è piaciuto molto. Hanno cercato subito di far sapere loro che questa è la loro terra e che dovevano an- darsene. Qualche conflitto c’è stato, con la comu- nità detta Warao Terminal ( vedere reportage ), un gruppo installato vicino alla stazione generale dei bus. Anche in Pacaraima sappiamo che alle auto- rità comunali non piaceva molto la presenza dei Warao e si sono cercati alleati per farli andare via. Alcuni Pemones hanno addirittura firmato una let- tera per affermare che non volevano che i Warao si fermassero». Nel frattempo, la comunità warao del terminal si riduce a un piccolo gruppo che viene tollerato. Al- cuni di loro sono malati, i bimbi sottopeso, ma non si sa cosa vogliano fare: non vogliono tornare nel Delta Amacuro, però non hanno la forza di passare in Brasile come hanno fatto molti altri indigeni. Peggy spiega: «I Warao sono un po’ nomadi. Quando le cose cominciarono a mettersi male nel proprio territorio del Delta, loro iniziarono a mi- grare nelle città venezuelane. Da lì, le autorità li ri- mandarono nel Delta Amacuro. La situazione peg- giorò ulteriormente, e loro iniziarono a venire da questa parte. I primi arrivati ci spiegavano: “Mio figlio ha pianto tre giorni, perché non avevo nulla da dargli da mangiare. Abbiamo dovuto partire”». Peggy ci porta la testimonianza del massimo I Warao verso la frontiera / 1 «Quando migliorerà, torneremo» Incontro con Peggy Vivas, missionaria laica venezuelana. In alto: un cartello dei Pemones dà il benvenuto nel loro territorio, poco fuori di Santa Elena, citta dina venezuelana a circa 18 km dal confine brasiliano. | A destra: la missionaria laica Peggy Vivas davanti alla sede della Pastorale migranti a Pacaraima. * © Paolo Moiola

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=