Missioni Consolata - Maggio 2020
10 maggio 2020 MC con targa venezuelana. Cer- chiamo la parrocchia Sagrado Coração de Jesús gestita dal padre Jesús Lopez Fernandéz de Boadilla, sacerdote spagnolo molto conosciuto per il suo la- voro con i migranti ( riquadro di pag. 14 ). La casa parrocchiale è in un cortile interno, nascosta da una casetta color arancione che funge da centro pastorale per i migranti della diocesi di Roraima. Padre Jesús non è in sede, ma incontriamo Peggy Vivas ( riqua- dro p. 14 ), una missionaria laica venezuelana che fa la spola tra Santa Elena de Uairén e Paca- raima. È lei che ci farà da guida e da taxista. CENTINAIA DI PERSONE IN ORDINATA ATTESA Prima di tutto occorre far visita alla grande tensostruttura eretta ai lati del campo sportivo citta- dino, anch’esso occupato da tende. Si tratta del luogo dove vengono espletate le prime, es- senziali, formalità burocratiche, ma non solo. Davanti ai moduli prefabbricati che ospitano i vari uffici, siedono su panche centi- naia di persone, tutte tranquilla- «OdisseaWarao» / 4 a e ultima puntata: reportage dai confini LA FATICA DELL’ADDIO BRASILE-VENEZUELA MC A B oa Vista. È mattino presto. Noi siamo pronti, ma Fernando, il taxista, ancora non si vede, nonostante ci fossimo raccomandati sulla pun- tualità. Finalmente, ecco che si avvicina un’auto con le insegne della Cootap, la cooperativa di trasporti della città. In pochi minuti siamo fuori da Boa Vista. Imbocchiamo la Br- 174, la strada federale che do- vremo percorrere per circa 200 chilometri prima di arrivare a Pacaraima, la cittadina brasi- liana posta sul confine con il Venezuela. Usciti dalla città, il traffico si fa subito molto scarso. La strada è un unico, lungo rettilineo. Con molte buche. Attorno alla Br-174 non ci sono foreste, ma vastis- simi campi con terreni per lo più incolti o con vegetazione bassa. Notiamo i cartelli che indicano i nomi delle aree indigene. Fernando guida. E parla. Ha idee molto vicine a quelle del presidente Bolsonaro. «Una volta, qui c’erano vacche e galline. E ora? Nulla», afferma il nostro motorista. Che poi sen- tenzia: «Gli indigeni non semi- Pacaraima e Santa Elena de Uairén sono due piccole città, distanti venti chilometri una dall’altra. La prima si trova in Brasile, la seconda in Venezuela, nel territorio indigeno dei Pemones. Siamo andati a visitarle perché da esse passano i flussi dei migranti. Warao compresi. di MARCO BELLO e PAOLOMOIOLA © Marco Bello nano e non allevano. Bruciano soltanto. Fanno danni a chi vuole lavorare». Avendo udito queste parole, nessuno di noi ha il coraggio di chiedergli un commento sui Warao. Negli ultimi chilometri del nostro viaggio verso il confine, la Br- 174 inizia a cambiare. Ora ci sono boschi, curve e salite: ab- biamo iniziato l’ascesa alla Serra Pacaraima, i rilievi mon- tuosi più importanti del Nord del Brasile. I camion che incon- triamo faticano a procedere e rallentano la nostra auto. SUCCEDE A PACARAIMA Alle 10 del mattino arriviamo a Pacaraima, quasi mille metri so- pra il livello del mare. All’improv- viso ci ritroviamo immersi in un traffico caotico. Scendiamo im- mediatamente dall’auto. La cit- tadina, fino a poco tempo fa, era un piccolo centro di frontiera di circa 12mila abitanti (Ibge, 2017). Poi tutto è cambiato con l’acuirsi della crisi del confinante Vene- zuela e il conseguente arrivo di migliaia di migranti. Vie strette, case basse, negozietti di ogni tipo e una folla brulicante. No- tiamo subito molte macchine
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