Missioni Consolata - Aprile 2020

MC R 73 aprile 2020 MC La visione democratica che tu avevi non ti aiutò a capire che i nazisti che occupavano la tua patria, di lì a poco, avrebbero richiesto la conse- gna di tutti gli ebrei. Una domenica mattina, all’im- provviso, ricevetti la visita dispe- rata di un amico che non vedevo da anni. Era un mio vecchio compagno di scuola ebreo proveniente da Kjusten- dil, una ridente cittadina al con- fine con la Macedonia dove avevo vissuto la mia adole- scenza. Mi informò che il go- verno, in accordo con i tedeschi, stava preparando per il giorno dopo la deportazione segreta della minoranza ebraica, pre- sente da secoli in Bulgaria. Questo amico ti mise anche al corrente che i treni erano già stati predisposti nelle stazioni. Il piano prevedeva che la notte successiva gli ebrei sarebbero stati rastrellati e caricati su va- goni che sarebbero partiti la mattina dopo per la Polonia (la destinazione, allora scono- sciuta, era Auschwitz). Era il 7 marzo del 1943. Tutto era stato deciso in gran segreto per non mettere in allarme la popola- zione. A quel tempo avevi già sen- tito circolare strane voci, ma come tutti, allora, non te ne eri preoccupato più di tanto. Proprio così, ma di fronte a un amico che - disperato - mi chie- deva di aiutarlo, ebbi come un sussulto, un risveglio della mia coscienza. Di colpo mi scossi dal mio tor- pore e subito mi diedi da fare. In quel primo momento pensai an- zitutto di aiutare i miei amici di Kjustendil. Mi precipitai in parla- mento, radunai altri deputati e con loro entrammo nell’ufficio del ministro dell’Interno, Petar Dimitrov Gabrovski - che condi- videva col primo ministro forti simpatie naziste - e, dopo uno scontro drammatico, lo costrin- gemmo a revocare l’ordine della deportazione. Erano le 5,30 del mattino del 9 marzo 1943. E poi cosa avvenne? Siccome in Tracia e Macedonia - dove il controllo tedesco era più forte - avevano già comin- ciato a radunare e deportare gli ebrei, telefonai personalmente a tutte le prefetture del paese per verificare che il contrordine fosse stato ricevuto e quindi ri- spettato. In questo modo la de- portazione fu sospesa, ma non cancellata. Decisi quindi di lanciare un’of- fensiva in parlamento. Mi ero reso conto che in gioco non c’era soltanto la vita di qualche amico, ma la salvezza di cin- quantamila ebrei bulgari. Non c’era un minuto da perdere allora. Infatti, stesi una lettera di prote- sta molto dura e raccolsi le firme di una quarantina di deputati per chiedere al governo, al primo ministro Bogdan Filov e al re Boris III, di non commettere un crimine così grande, che avrebbe macchiato per sempre l’onore della Bulgaria. Questo gesto di ribellione però ti costò molto caro. Perdesti la tua carica in par- lamento e rischiasti di es- sere consegnato ai tedeschi. Già, ma raggiunsi l’obiettivo che mi ero proposto: la mia denun- cia ebbe un effetto dirompente, che nessuno si sarebbe aspet- tato. Il re, sentendosi sostenuto, fece marcia indietro e bloccò la deportazione. Boris III è il marito di Giovanna di Savoia, sorella di Mafalda che abbiamo «intervistato» sul numero di Gennaio 2020. *

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