Missioni Consolata - Aprile 2020

Tuttavia, il primo esportatore mondiale di gas resta la Russia che, proprio per questo, gli Stati Uniti stanno cercando di ostacolare in tutti i modi, accampando perfino ragioni di sicurezza. Lo hanno fatto nel dicembre 2019, quando Donald Trump ha firmato la legge che impone sanzioni a qualsiasi impresa che aiuti Gazprom, impresa di stato russa, a terminare il «Nord Stream 2», il gasdotto che porta il gas dalla Russia alla Germania (e quindi all’Unione euro- pea) attraverso il Mar Baltico. La scusa è che il gasdotto potrebbe trasformare la Germania in «ostaggio della Russia». Ed è proprio questa ennesima guerra commer- ciale fra Usa e Russia a portarci sulla terza possi- bile risposta, squarciando il velo su un paradosso che sa di incredibile. Sale la temperatura e sale il petrolio Nel dicembre 2015 a Parigi venne firmato un ac- cordo per impedire alla temperatura terrestre di salire oltre 1 grado e mezzo centigrado rispetto all’era preindustriale. Un obiettivo che, per es- sere raggiunto, richiede il dimezzamento delle emissioni di anidride carbonica entro il 2025 e il loro azzeramento entro il 2050. In una parola dovremmo mettere fine, per sempre, all’era dei combustibili fossili. La realtà sembra però andare in direzione opposta. Dal 2015 al 2019 il consumo di petrolio nel mondo è aumentato del 6,5% passando da 93 a 99 milioni di barili al giorno. Ancora più rilevante il consumo di gas che, nello stesso periodo, è cresciuto dell’11%. Numeri che continuano a confermare la centralità dei pro- dotti petroliferi nella gestione dell’economia mondiale. E, considerato che i paesi del Golfo producono il 24% del petrolio e il 21% del gas naturale mondiale, si capisce come quest’area continui a rimanere strategica. Dal che si deduce che il vero grande motivo per cui gli Stati Uniti consumi cominciarono a crescere più di quanto non crescesse la produzione. A fine anni Ottanta successe addirittura che la produzione aveva co- minciato a scendere e la dipendenza verso le im- portazioni si fece particolarmente acuta fino al 2005. Poi, la situazione cominciò a cambiare con la scoperta dello shale oil , il petrolio intrappolato nelle rocce scistose che può essere estratto gra- zie a una tecnologia moderna nota come frac- king : l’iniezione in giacimento di un fluido ad alta pressione, normalmente acqua mista a sab- bia, che, spaccando le rocce, libera il gas o il pe- trolio che vi è contenuto. La produzione di shale oil cresce di anno in anno e se, nel 2011, era a un milione di barili al giorno, nel 2019 era a 8 milioni al giorno. Tuttavia l’autosufficienza non è ancora stata raggiunta e ad oggi le importazioni di pe- trolio continuano a coprire circa il 10% dei con- sumi statunitensi. Diverso, invece, il discorso per il gas. In questo settore la scoperta dello shale gas si è rivelato così abbondante da avere per- messo agli Stati Uniti di produrre più gas di quanto ne consumi. Tant’è vero che sono diven- tati il terzo esportatore mondiale di gas, sia ven- dendolo tal quale ai paesi confinanti tramite gasdotti, sia vendendolo al resto del mondo come Lng, gas liquido compresso, tramite nave. ssier 50 aprile 2020 Qui sotto : una torre petrolifera ad Ahvaz, capitale della provincia del Khuzestan e considerata una delle città più inquinate del mondo. In alto : la raffi neria di Abadan (Khuzestan), città che sorge sul l’isola omonima.

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