Missioni Consolata - Aprile 2020

Teocrazia e petrocrazia © Julien Harneis sono state acquistate nelle nazioni alleate. Nonostante la disponibilità all’azione militare da parte dei propri alleati, gli Stati Uniti sono co- munque presenti nell’area del Golfo con mezzi e soldati. Oltre a basi aeree in Kuwait, Qatar, Emi- rati Arabi e a navi da guerra che pattugliano la penisola arabica, in Medio Oriente stazionano 60-70mila militari Usa, di cui 45mila nei paesi che si affacciano sul Golfo Persico e 14mila in Af- ganistan, sul fianco Est dell’Iran. Un dispiega- mento di forze che dal 2001 costa agli Usa una media di 200 miliardi all’anno. Però, se aggiun- giamo alla spesa anche i soldi per i veterani e per gli interessi sul debito contratto per trovare i fondi, scopriamo che i soldi complessivamente utilizzati per mantenere la presenza militare Usa in Medio Oriente negli ultimi 18 anni, sono am- montati a 6.400 miliardi, una media di 355 al- l’anno. Lo calcola il Watson Institute della Brown University. Le ragioni dell’impegno Usa Di fronte a tanto sforzo militare la domanda che sorge spontanea è: per quale ragione? Tre rispo- ste si affacciano alle mente. La prima: per difen- dere la bandiera ideologica del capitalismo e soprattutto gli interessi delle imprese statuni- tensi. Non a caso l’inimicizia con l’Iran è iniziata con la caduta dello shah e l’instaurazione della Repubblica islamica determinata a nazionalizzare i settori chiave dell’economia e soprattutto a non permettere a imprese straniere di arricchirsi tra- mite lo sfruttamento delle proprie risorse. La storia dell’Iran degli ultimi 100 anni è contrasse- gnata dalla determinazione dei paesi occidentali di voler controllare il suo petrolio. E senza volere ricostruire gli eventi in tutti i loro passaggi, basti dire che nel 1954 lo shah aveva concesso l’estra- zione e la vendita del petrolio a un consorzio in- ternazionale formato da una decina di multina- zionali petrolifere, le principali delle quali erano British Petroleum, Shell, Compagnie Française des pétroles, Exxon e altre imprese americane minori. In contropartita, il consorzio avrebbe consegnato al governo iraniano il 50% dei pro- fitti. Con l’avvento della rivoluzione islamica, nel 1979, l’accordo venne annullato e oggi petrolio e gas iraniani sono estratti e venduti esclusiva- mente dal Nioc ( National Iranian Oil Company ), un’impresa di proprietà governativa che si defini- sce la seconda impresa petrolifera mondiale per capacità estrattiva. Non così negli altri paesi del Golfo, dove molte imprese straniere, fra cui Exxon Mobil, Occidental Petroleum, BP, Royal Dutch Shell, Total, partecipano a progetti di estrazione. La seconda risposta che potremmo darci rispetto al motivo per il quale gli Usa utilizzino tante energie per presidiare il Medio Oriente, è perché vogliono garantirsi l’approvvigionamento di pe- trolio. Tuttavia a un’analisi più approfondita que- sta risposta oggi vacilla. Gli Stati Uniti sono essi stessi un grande produttore di petrolio. Fino al 1947 erano addirittura autosufficienti. Poi suben- trò una certa dipendenza dall’estero perché i Le strategie Usa sono due: l’embargo e la tensione militare. “ Sotto : una motocicletta con un sacco alimentare fornito dal Wfp «World food programme» delle Nazioni Unite nel distretto di al Mahwit, nello Yemen dilaniato da una guerra dimenticata.

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