Missioni Consolata - Aprile 2020

I l 3 gennaio 2020, all’una di notte, un mis- sile lanciato da un drone colpisce e ince- nerisce due auto mentre viaggiano in autostrada verso l’aeroporto di Baghdad. A bordo ci sono otto persone, tutte morte all’istante, incluso il comandante della Forza di mobilitazione popolare irachena conosciuto come Abu Mahdi al Mohandis. Ma il vero obiet- tivo era Qassem Soleimani, generale che coordinava le attività iraniane in Iraq. Lo rivelava la Casa Bianca nel rivendicare la paternità dell’attacco. Un ennesimo atto di ostilità in un rapporto di inimicizia che dura da decenni. In principio Iran e Usa erano alleati. Nel 1941 la monarchia iraniana - retta dallo shah Moham- mad Reza Pahlavi (subentrato al padre) - chiese l’aiuto degli Stati Uniti per arrestare l’occupa- zione militare messa in atto da Inghilterra e Rus- sia che, all’epoca, erano alleati contro il nazismo. Gli Stati Uniti inviarono 30mila soldati che ven- nero ritirati a normalizzazione avvenuta. Norma- lizzazione che continuava a contemplare la presenza di imprese petrolifere britanniche che rimasero in Iran fino al 1979 quando avvenne la Rivoluzione islamica. Tuttavia, l’invio di truppe da parte degli Stati Uniti era stato considerato un gesto di grande amicizia e il legame con la fami- glia reale rimase così solido da trasformare l’Iran in una sorta di protettorato Usa. Finché la mo- narchia rimase al potere, gli Stati Uniti inonda- rono il paese di denaro, armi, tecnici e consiglieri militari. Finanziarono perfino l’avvio del pro- gramma nucleare che più tardi sarebbe stato tanto contestato. Ma, nel 1979, un movimento di ssier protesta guidato dalle autorità religiose islami- che riuscì a rovesciare il potere dello Shah e a poco valsero i tentativi di restaurazione messi in atto dalla Cia: la monarchia fu definitivamente estromessa dalla scena iraniana e con essa se ne andò anche l’amicizia con gli Stati Uniti. Per Washington la perdita dell’Iran fu un duro colpo perché, dopo l’Iraq e la Siria, era il terzo paese del Medio Oriente che sfuggiva al suo con- trollo. Ma si dava il caso che Iraq e Iran non si vedessero di buon occhio e nella logica del divide et impera , gli Stati Uniti foraggiarono l’Iraq affin- ché tenesse impegnato l’Iran in una guerra che durò otto anni (1980-1988). Poi però successe che nel 1990 Saddam Hussein, dittatore dell’Iraq, pretese di invadere il Kuwait, paese sotto prote- zione statunitense, per cui l’Iraq tornò nella lista dei cattivi. Seguirono anni duri per Baghdad con- trassegnati da un pesante embargo che privò il paese perfino dei farmaci di base. Ma il peggio arrivò nel 2003 quando Washington invase il paese portando morte, distruzione e totale dis- sesto, sia politico che economico. Il ruolo dell’Arabia Saudita Neutralizzato l’Iraq, l’attenzione si concentrò di nuovo sull’Iran con due vecchie strategie: l’em- bargo per isolarlo e la tensione militare per sfian- carlo. E se per il primo scopo usò come pretesto il mancato rispetto dell’accordo sul nucleare, per il secondo, soffiò sul fuoco di una vecchia rivalità con l’Arabia Saudita. Ma non volendo, né una parte né l’altra, avventurarsi in conflitti diretti, altri paesi vennero utilizzati come teatri di guerra. In particolare lo Yemen e la Siria, due paesi con guerre (ancora in corso) che, oltre ad avere provo- cato migliaia di morti e feriti, hanno prodotto mi- lioni di affamati, di sfollati, di senza casa. In Yemen, 14 milioni di persone sono a rischio morte per fame ed epidemie. Quanto alla spesa militare, mentre l’Iran si è mantenuto nella sua media, l’Arabia Saudita, dal 2009 al 2018, l’ha vista au- mentare del 28% con grande vantaggio commer- ciale per gli Stati Uniti, perché l’88% di tutte le armi importate dal paese nel periodo 2014-2018, TRA GUERRE E NUOVE ALLEANZE Sua maestà il petrolio Ai tempi dello shah , Stati Uniti e Iran erano alleati. Dopo la rivoluzione del 1979, gli Usa preferirono l’Iraq di Saddam Hussein per contrastare l’Iran sciita. Un andirivieni di alleanze, sanzioni e accordi non in nome della democrazia e dei diritti, ma sempre in nome del petrolio. di FRANCESCO GESUALDI 48 aprile 2020

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