Missioni Consolata - Aprile 2020
47 aprile 2020 Teocrazia e petrocrazia © Anadolu Agency / AFP A destra : il leader supremo Ali Khamenei in un seggio di Teheran durante la giornata elettorale di venerdì 21 febbraio 2020. miato bambini, donne, ragazzi. Ai parenti delle vittime è stato imposto di seppellire i loro cari nel silenzio, niente cerimonie, niente annunci, niente foto. Nel nostro sobborgo le gigantografie esposte davanti alle moschee sono quelle di guardie della rivoluzione o basij assassinati per vendetta. Li hanno riconosciuti e accoltellati poi, a sangue freddo, mi spiegano. Giovani e anziani: aspettative diverse Behruz è giovane: un po’ più giovane di Leila, ma entrambi nati dopo la rivoluzione del 1979. Come Leila, anche Behruz immagina che una rivolta aperta potrebbe avviare un cambio di regime. Nei giorni delle proteste le piazze si sono riem- pite di giovani e giovanissimi; proprio tra di loro è stato mietuto il maggior numero di vittime. Ma la generazione dei più anziani, di coloro che hanno vissuto la rivoluzione e poi gli otto anni di guerra con l’Iraq, non si aspettano cambiamenti repentini, e neppure li auspicano, non perché non li desiderino, ma perché sanno che qualsiasi tentativo di rivolta dal basso porterebbe a un ter- ribile bagno di sangue. La Guida suprema e i religiosi attorno a lui non hanno intenzione di rinunciare al controllo sul paese. Hanno in mano due oliatissimi strumenti di repressione: il corpo delle guardie della rivolu- zione ( pasdaran, sepa ) e l’organizzazione dei vo- lontari ( basij ), e non esiterebbero a usarli contro chiunque tentasse di minare il loro potere. I Guardiani e le liste elettorali In tutto questo niente di strano che, prima delle elezioni parlamentari dello scorso 21 febbraio, il Consiglio dei guardiani non abbia ammesso circa la metà delle candidature. La squalifica dei can- didati a un’elezione è prassi comune di lotta po- litica nella repubblica degli ayatollah. Persino ad Akbar Hashemi Rafsanjani, uno dei protagonisti della rivoluzione islamica, ex presidente del- l’Iran, e, fino alla morte, presente al fianco di Khamenei nelle apparizioni pubbliche, nel 2013 i Guardiani negarono il permesso di concorrere per le presidenziali. Questa volta, però, la loro scure si è abbattuta sui candidati riformisti con mano particolarmente pesante; quella stessa Alle elezioni di febbraio le sirene della propaganda di stato non hanno funzionato. mano che, a novembre, ha messo in atto la re- pressione delle rivolte. È evidente l’intenzione del regime di compattarsi davanti alla pressione esterna e, soprattutto, da- vanti al crescente malcontento interno. Come a ogni tornata elettorale, la Guida suprema con in- sistenza ha sollecitato gli iraniani a votare. Per gli uomini del regime è sempre stato importante poter vantare un’alta affluenza alle urne, che essi interpretano come una legittimazione popolare e sventolano come una prova del carattere auten- ticamente democratico della repubblica islamica. Però le sirene della propaganda di stato questa volta non hanno funzionato. Si è registrata la più bassa affluenza alle urne dell’Iran post rivoluzio- nario: 42% a livello nazionale, addirittura 25% nella capitale. D’altra parte, le squalifiche ave- vano tolto agli iraniani la possibilità di scegliere, come successo altre volte, il «male minore», e cioè i candidati moderati e riformisti. Maria Chiara Parenzo “
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