Missioni Consolata - Aprile 2020

sangue». «E che sia, se questo è il prezzo da pa- gare!», ha ribadito l’amica. Così ho capito che qualcosa era cambiato: aveva perso la speranza. «Non ce la faccio più, non prego più come prima, penso che dovremo andarcene da qui. Nei giorni della rivolta il capo del nostro dipartimento ha dovuto tenere un discorso ufficiale agli studenti e propagandare le ragioni del governo. Se lo aves- sero chiesto a me? Non avrei mai potuto farlo. Meglio andarsene prima, tanto a loro non inte- ressa nulla, né dell’università, né degli studenti. Che senso ha lavorare in queste condizioni?». Sì, Leila, come tanti altri, non sperava più. Le vittime occultate A metà novembre 2019 in tutto l’Iran sono ini- ziate manifestazioni di protesta. Come nel 2017- 18, il motivo scatenante è stato economico: questa volta il rincaro del prezzo della benzina (oltre il 50% in più), ma, come due anni prima, gli slogan sono diventati subito politici. Senza precedenti, invece, è stata la violenza della re- pressione. Per la prima volta c’è stato un totale blackout di internet, che è durato da una a due settimane, a seconda dei luoghi. Ovviamente, le cifre ufficiali non sono attendibili e fonti diverse danno numeri diversi, ma la gente qui parla di 1.500 morti, che è quanto riporta anche l’agenzia Reuters. Nel sobborgo di Teheran dove mi trovo gira la voce che, tra gli abitanti, ci siano state 150 vittime. Behruz, un amico di Shiraz (Centro Sud del paese), riporta per la sua città la cifra di 400 vittime. «I cecchini colpivano la gente in strada dai tetti delle case. Hanno usato anche gli elicot- teri per sparare alla gente! - la voce gli trema per l’indignazione -. Vedrai che presto succederà qualcosa. Qualcosa dovrà cambiare». Queste pa- role in bocca al mite Behruz non sono usuali. Forse i numeri sono esagerati, o forse no, ma in fondo, poco importa. La percezione di tutti è di aver assistito allo scatenarsi di una ferocia inau- dita, che ha ucciso in modo indiscriminato, in- giustificato, brutale. Ha colpito i manifestanti inermi, ha colpito tanti che non manifestavano, curiosi o passanti che fossero, non ha rispar- T eheran, un bell’appartamento panora- mico nei quartieri alti. Leila ci abita con suo marito. Sono una coppia affiatata, non hanno problemi economici, ma si sentono soli. Delle rispettive famiglie sono gli unici rimasti a vivere in Iran: fratelli e genitori sono a Dubai, in Canada, in Germania. Leila ha studiato all’estero. Finiti gli studi, però, è tornata a lavorare nel suo paese, cui è legata anche dalla fede religiosa. Profondamente de- vota, ha sempre svolto i riti della preghiera in casa, senza andare in moschea a esibire la pro- pria fede. Insegna nella più prestigiosa università di Teheran. Non ha mai immaginato un futuro fuori dal proprio paese, quindi, a differenza di tanti altri, non ha mai avuto l’intenzione di emi- grare. Date queste premesse, non mi aspettavo il te- nore della nostra conversazione, un pomeriggio di fine dicembre. Quel giorno era il quarantesimo dalla repressione delle proteste di metà novem- bre, era la giornata in cui, secondo la tradizione, se ne sarebbero dovuti commemorare i morti. Era corsa voce che per l’occasione la gente sa- rebbe tornata a protestare nelle strade della ca- pitale e del paese. A Teheran l’aria era fitta di inquinamento e di attesa. Nei punti nevralgici era pieno di polizia, di basij (i volontari pro go- verno) pronti sulle loro motociclette, di agenti in borghese. «Magari succede qualcosa…», mi ha confidato Leila, quasi con desiderio. Ho sgranato gli occhi. Da lei simili parole? Follia, pura irrazionalità. «Forse è meglio di no - le ho risposto -. Sai bene che loro (gli uomini della casta al potere) non si fermano davanti a nulla, che scorrerà di nuovo il Le proteste di fine 2019 sono nate per l’aumento dei prezzi della benzina (+50%). Nel paese la situazione generale è pesante (anche per il Covid-19) e c’è una sensazione d’attesa. Anche se molti hanno perso la speranza di arrivare a un vero cambiamento. ssier 46 aprile 2020 Nati dopo la rivoluzione VIVERE OGGI A TEHERAN di MARIA CHIARA PARENZO

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