Missioni Consolata - Aprile 2020
45 aprile 2020 Il ruolo di HEZBOLLAH («il partito di Dio») H ezbollah significa «partito di Dio». Nasce originariamente come un gruppo paramilitare sciita, comin- ciando a formarsi nel 1975 all’inizio della guerra civile libanese. Diventa più organiz- zato, e un vero e proprio partito politico, nel 1982, durante l’invasione di Israele che voleva espellere i militanti palestinesi dal Libano. Hezbollah si ispira alla teocrazia iraniana di Khomeini e, negli anni, è finanziato da Siria e Iran. Il loro manifesto recita: «Il presuppo- sto della nostra lotta contro Israele è che l’entità sionista, sin dalle sue origini, ha na- tura aggressiva ed è costruita su terre strappate ai legittimi proprietari, a spese dei musulmani. Pertanto, la nostra lotta potrà dirsi conclusa solo con l’eliminazione di questa entità. Non sigleremo alcun trat- tato con essa, non accetteremo alcun ces- sate il fuoco e alcun accordo di pace». Nel 1983, Hezbollah si rende protagonista di una serie di attentati suicidi contro la presenza statunitense in Libano. In questi attacchi muoiono 258 soldati americani, inducendo il presidente Reagan a ritirare le truppe. Hezbollah entra nel parlamento libanese nel 1992, durante i trattati per mettere fine alla guerra civile. Al gruppo viene consen- tito di mantenere le armi, oggi, «l’arsenale di Hezbollah» è uno dei temi più contro- versi della politica libanese. Hezbollah si rende spesso protagonista di attacchi con razzi (forniti dall’Iran) contro Israele. Inoltre, offre pubblico supporto alla Siria di Assad. In questo momento di particolare confu- sione nella politica e nella società libanesi, Hezbollah è anche nel nuovo governo (de- finito tecnico) di Hassan Diab. Sarà difficile che questa sua presenza contribuisca a ri- solvere la complicata situazione del paese. An.Ca. Teocrazia e petrocrazia La missione Onu e i militari italiani in Libano I primi soldati italiani arrivarono con la missione Unifil - United Nations Interim Force in Lebanon -, partita nel marzo 1978 e più volte prorogata. Nel 1982, l’lta- lia rafforzò la propria presenza con la missione «Italcon», sempre sotto l’egida dell’Onu. Le forze italiane furono impe- gnate, insieme a quelle francesi, statuni- tensi e inglesi, durante la guerra civile libanese. Un ulteriore intervento si ebbe nel 2006 con l’operazione «Leonte», operazione di pace sempre a guida Onu. L’operazione era volta alla ricognizione delle coste e al monitoraggio delle tensioni tra Hezbollah e Israele. Oggi l’Italia, in Libano, ha il co- mando delle operazioni generali dell’Uni- fil. Sono presenti, sul territorio, 1.200 militari italiani che si occupano anche del- l’addestramento delle truppe locali. A novembre 2019 a Shama, una delle principali basi italiane, è avvenuto il pas- saggio di responsabilità del contingente italiano; la consegna è avvenuta tra la Bri- gata Aosta e quella dei Granatieri di Sar- degna. An.Ca. In un sistema politico così precario, anche l’arrivo di nuovi e possibili profughi, date le ultime ten- sioni in Iraq, rappresenta un’emergenza che lo stato farà fatica ad affrontare. Il 14 febbraio 2005 in seguito a un attentato, fu ucciso, insieme ad altre 21 persone, Rafiq Al-Ha- riri, allora ex primo ministro libanese. Il corteo funebre per Al-Hariri si trasformò presto in una rivolta, conosciuta poi come la «Rivoluzione dei cedri». Oggi in Libano, nelle piazze risuonano gli stessi slogan di quei giorni, si leggono le stesse scritte di rabbia e protesta sui muri. Se il silenzio, colpevole, del governo nei confronti dei manife- stanti si protrarrà oltre, molti temono un ulte- riore inasprirsi delle contestazioni. Angelo Calianno A sinistra: Beirut, veduta di Martyr Square con la chiesa greco ortodossa di San Giorgio e, subito dietro, la moschea di Mohammed al Amin.
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