Missioni Consolata - Aprile 2020
dei tantissimi punti contro cui ci stiamo ribel- lando. È vero però che WhatsApp è importante in Libano, dato che i costi della telefonia mobile sono praticamente inaccessibili, soprattutto per i più poveri. Per questo, per comunicare, tutti usano WhatsApp. Dunque, puoi immaginare la reazione della gente, quando è arrivata la notizia che volevano tassare anche quello». Chiedo quali siano le principali questioni per le quali il suo gruppo si batte. «Il Libano ha pro- blemi molto grandi. L’annunciato aumento delle tasse è stato la circostanza che ha fatto dire alla gente “basta”, ma la nostra economia è ferma da anni. Non ci sono investimenti dall’estero, tasse altissime senza sapere davvero dove finiscono i nostri soldi vista la corruzione dilagante. Da tempo le banche internazionali hanno portato la liquidità all’estero. Quindi, siamo limitati in quello che possiamo prelevare, tra l’altro con percentuali altissime di commissione, a volte il 30%. Uno dei nostri grandi problemi è il sistema politico settario, questa organizzazione dello stato non permette la possibilità di avere gruppi Teocrazia e petrocrazia © Angelo Calianno Il sogno è un partito progressista non legato alle confessioni religiose. “ della Costituzione del 1926 e successivi accordi, il sistema è formato in modo da dare a tutte le confessioni religiose - sono 18 - una rappresen- tanza. Così i seggi in parlamento sono divisi pro- porzionalmente tra cristiani e musulmani e, a loro volta, tra i sottogruppi. Ad esempio, tra i cri- stiani, abbiamo: armeni, greco ortodossi, maro- niti, ecc. I musulmani invece annoverano, tra le proprie confessioni: sunniti, sciiti, drusi, ismaeliti e alauiti. Il presidente deve essere un cristiano maronita (attualmente Michel Aoun), il primo ministro deve essere sunnita (Hassan Diab), il presidente del parlamento, sciita (Nabih Berri). In questo mosaico di confessioni gli sciiti sono la percentuale maggiore, il 30% della popolazione, e sono rappresentanti in parlamento anche dal- l’organizzazione Hezbollah ( vedere riquadro ) che, negli ultimi anni, ha conquistato ministeri chiave all’interno del governo (attualmente salute e in- dustria). Il movimento «Li haqqi» Cerco qualcuno che possa raccontarmi quello che sta accadendo in Libano in maniera più obiettiva e lucida. Molte persone intervistate hanno spesso opinioni condizionate dalla loro fede o dalla propaganda. Chiedendo a vari gior- nalisti libanesi, con cui spesso mi ritrovo a lavo- rare nelle piazze, tutti mi indicano Nizar Hassan. Lui è un ricercatore e attivista di 26 anni. Esperto di politica, negli ultimi anni ha cofondato un gruppo di attivismo politico chiamato «Li haqqi» («per i miei diritti», in arabo). Collabora con di- verse testate locali, trasmissioni radio e web. Lo incontro in uno dei caffè libanesi, dove si riu- niscono studenti, intellettuali e attivisti. Deci- diamo di darci del «tu». Gli chiedo subito perché i media stranieri hanno chiamato la rivolta «la protesta di WhatsApp». «Molti - risponde Nizar - le hanno dato questo titolo, in realtà è solo uno
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