Missioni Consolata - Aprile 2020
MISSIONE A MOMBASA Nel 1976 è cominciata l’avven- tura di padre Angelo sulla costa, con la scelta della zona di Likoni, alla periferia Sud della città-isola di Mombasa. Per arri- varci occorreva (allora e oggi) prendere il traghetto. Gli abitanti erano un grande miscuglio di gruppi etnici provenienti dalle varie zone del paese attratti dalla possibilità di lavoro nel porto e nell’emergente industria turistica. Nella missione di Likoni- Mtongwe, padre Angelo è rima- sto fino al 1996, salvo un breve intervallo di tre anni (1979-1981) nella missione di Sagana nella diocesi di Murang’a. A Mombasa la situazione non era facile. C’erano sono forti tensioni tra i nativi (islamici) e quelli che venivano da fuori (in maggioranza cristiani). Nel 1992 e nel 1997 gli scontri sono stati così violenti che la missione si è trovata invasa dai rifugiati. Ha scritto suor Corona Nicolussi ( MC 12/2010 ): «La prima volta ar- rivarono 10mila rifugiati. Erano dovunque: in missione, in chiesa, nella scuola, asilo e cor- tile. Quando sentii che avevano cominciato a bruciare le case, andai con suor Ester a compe- rare un po’ di fagioli e grano- turco da dare a chi era nel biso- MC A 23 aprile 2020 MC " «Son sempre stato in Kenya e morirò anche in Kenya». Il desiderio è stato esaudito il 28 dicembre 2019. gno. Invece , dopo pranzo, la gente cominciò ad invadere la missione. Chiamai padre Angelo (Fantacci), il parroco. “Che fac- ciamo?” Togliemmo i banchi della chiesa e la riempimmo di donne e bambini. Tutti i locali erano pieni, e il cortile era di- ventato un grande accampa- mento. Per fortuna non pioveva. Prova ad immaginare com’era! Chiudemmo il dispensario e tutte le cure andarono a chi ave- vamo in casa. Pensa che quando di notte mi chiamavano per un’emergenza, dovevo sca- valcare i corpi dei dormienti». UNA RETE DI BENEFATTORI Chissà quanta gente ti ha aiu- tato a fare tutte quelle opere, gli domandano gli intervistatori. «Ho sempre cercato di stare in contatto con i benefattori. Scri- vevo lettere (proprio lettere) che spedivo e mandavo a tutti per- sonalmente. Devo dire con sin- cerità che questi benefattori mi hanno sempre aiutato e qual- cheduno continua ad aiutarmi anche adesso. Quindi devo rin- graziare veramente questi be- nefattori perché hanno dimo- strato il loro affetto non per me, ma per la missione sentendosi anche loro missionari. Scri- vendo e ringraziando dicevo loro “ecco, bravi, perché non facciamo questo per noi stessi, ma per il Signore. Queste opere sono realizzate grazie alla vo- stra generosità”. La fede ha valore quando ci sono delle opere. Possiamo pre- dicare bene il Vangelo ma deve essere seguito dalle opere. Gesù è la fonte dei miracoli, ma i nostri miracoli dipendono dai benefattori e dalla loro genero- sità. Quindi le opere caritative e sociali che noi missionari ab- biamo cercato sempre di realiz- zare esistono grazie alla loro generosità. E io vecchio missio- nario di 95 anni ringrazio anche a nome di tutti i missionari. Sono sicuro che il Signore saprà ri- compensare tutti come giusta- mente meritano». Gli intervistatori chiedono a pa- dre Angelo due parole di inco- raggiamento alle nuove gene- razioni di missionari della Con- solata. «Cari giovani missionari cercate prima di tutto di non pensare a voi ma alla gente con cui venite a contatto. E che cosa predi- care? Non ciò che volete voi, ma seguire il Vangelo perché seguendo il Vangelo vi ascol- tano di più e diventeranno senza dubbio dei bravi cristiani, e poi da questi possono na- scere anche delle buone voca- zioni».
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