Missioni Consolata - Aprile 2020
A colloquio con Enock Taurepang (Cir) e Mauricio Yekuana (Hutukara), rappresentanti degli indigeni di Roraima. B oa Vista .Vogliamo tentare di rispondere a un quesito semplice ma importante: nello stato più indigeno del Brasile come sono stati accolti gli indigeni che provengono dal Venezuela? Proviamo a cercare un primo riscontro nella sede del Consiglio indigenista di Roraima (Cir). Fondato nel 1971 con l’appoggio della Chiesa catto- lica, il Cir è un’organizzazione che dà supporto giu- ridico e politico ai popoli indigeni dello stato. In- contriamo il suo coordinatore generale, Enock Bar- roso Tenente, di etnia Taurepang 1 . «Quando i primi Warao - racconta Enock - arriva- rono nello stato di Roraima, la gente non sapeva chi fossero. Non si sapeva da dove venissero. Molte persone della città pensarono che fossero indigeni del Brasile. Essi hanno sofferto abbastanza pregiu- dizi ed anche violenza, come d’altra parte noi indi- geni di Roraima. Si diceva che avevano molta terra ma che, al tempo stesso, volevano stare in città per chiedere l’elemosina ai semafori e nelle strade del centro». «Dopo un po’ di tempo, sia la società bianca che quella non bianca è venuta a sapere chi fossero. Che erano un popolo nomade che stava passando un periodo di difficoltà nella propria terra indigena. Che erano dovuti andarsene a causa dello sconvol- gimento portato dal modello di sviluppo. Tutto que- sto li aveva portati lontani dai loro territori per cer- care un nuovo spazio in cui vivere». Enock Taurepang racconta degli incontri avuti con alcuni rappresentanti dei Warao fin dal 2017, e ag- giunge: «L’appoggio che noi possiamo dare ai Wa- rao è politico. C’è la proposta che l’Onu e altre orga- nizzazioni internazionali possano dare un contri- buto per comprare una proprietà privata. In questo momento, un pezzo di terra su cui sistemare i Wa- rao sarebbe essenziale. Sarebbe una soluzione im- mediata. Come Cir, noi confermiamo il nostro ap- poggio politico e una mano fraterna affinché essi possano vivere meglio qui nel nostro stato». Yanomami e Yekuana Per capire ancora meglio i rapporti tra gli indigeni di Roraima e quelli provenienti dal Venezuela cer- chiamo una seconda testimonianza. Per questo chiediamo un appuntamento a Mauricio Yekuana 2 , direttore di Hutukara, l’associazione degli Yano- mami che ha Davi Kopenawa come presidente. Lo incontriamo nella sede dell’associazione. Il mo- mento è particolare: da pochi giorni c’è stato l’an- nuncio dell’assegnazione del Right Livelihood Award (conosciuto anche come «premio Nobel al- ternativo») per il 2019 a Davi e all’associazione 3 . Ol- tre a questa splendida notizia ce n’è un’altra, che invece è negativa. La sede di Hutukara e quella adiacente dell’Instituto socioambiental (Isa) sono state fatte oggetto di ruberie. Questi fatti vanno ad loro che scambiamo le prime parole. Sono loro che ci infor- mano dove si può incontrare il responsabile. Mentre uno di noi va a cercarlo, gli altri due ne ap- profittano per muoversi senza restrizioni. L’abrigo è una sorta di struttura condominiale su due piani con le stanze che danno su corridoi all’aperto dove sono stati tirati decine di fili per stendere gli in- dumenti lavati. Ogni alloggio è occupato da un nucleo fami- liare, di solito piuttosto nume- roso. All’interno non ci sono mo- bili, ma le immancabili amache e molte borse contenenti indu- menti e oggetti della quotidia- nità. In alcuni alloggi è presente un lavandino, ma l’acqua non vi arriva. Qualche (rara) stanza ospita anche un televisore da- vanti al quale - come in tutto il mondo - i bambini rimangono in- cantati. * BRASILE VENEZUELA 16 aprile 2020 MC © Paolo Moiola zione: l’abrigo è posto su una via in decisa pendenza. Lo rico- nosciamo anche vedendo al- cune persone che, accanto a un rubinetto estemporaneo, raccol- gono l’acqua in secchi di pla- stica. Fuori del rifugio, seduti sul mar- ciapiede ci sono una decina di uomini, giovani e anziani, molti a torso nudo. Alcuni portano in testa un cap- pellino del Venezuela. È con I rapporti tra indigeni «Lanostramano per i fratelli warao»
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