Missioni Consolata - Marzo 2020

7 Marzo 2020 MC Le nostre email: redazione@rivistamissioniconsolata.it / mcredazioneweb@gmail.com MC R meno è una scelta politica che di- pende da ciò che si ritiene premi- nente nel momento dato e dalle valutazioni che si fanno sugli ef- fetti di lungo e breve periodo. Trattandosi di obiettivi, pondera- zioni e valutazioni, ognuno può giungere a conclusioni diverse, e ciò mi pare più che legittimo. Il problema che si pone nel caso dell’euro è se sia stato vantaggio- so sposare una situazione che priva dell’autonomia di svalutare. Ovviamente anche in questo ca- so non esiste una risposta univo- ca: più risposte sono possibili in base alle valutazioni sociali, politi- che ed economiche, sapendo, comunque, che la storia è l’ultimo giudice di ogni scelta». Francesco Gesualdi BANCHE ARMATE Buongiorno Direttore e Reda- zione. Sono abbonato alla rivista Missioni Consolata i cui contenuti a carattere socioeconomico ed etico condivido e sostengo. Segnalo che tra le banche da voi utilizzate, compare Unicredit Banca che Francesco Gesualdi, ancora una volta, annovera tra le «banche con l’elmetto», quindi le- gate al commercio di armi ( vedi MC 12/2019 pag.6 ). Mi aspetto che abbandoniate quanto prima questo legame e, come in molti hanno fatto e fac- ciamo, intraprendiate rapporti bancari con Banca Popolare Etica, che vuole stare sul mercato in modo etico, responsabile e trasparente. Auguri a tutti Voi, Alessandro Grando Verona, 21/12/2019 Siamo ben coscienti della pro- blematica e della contraddizione della nostra posizione, nella qua- le da una parte attacchiamo le banche armate e dall’altra invece le usiamo. È certamente una si- tuazione complessa, spina nel fianco da un bel po’. Grazie co- munque per lo stimolo offerto che passo ai miei diretti superiori con speranza. Il successo dell’esposizione sull’Amazzonia nei Musei vatica- ni, realizzata con molti reperti provenienti dal nostro museo, sta incoraggiando a trovare una sistemazione dignitosa e definiti- va, che speriamo possa diventa- re realtà quanto prima. SVALUTAZIONE Con riferimento all’articolo «L’euro della discordia» su MC 5/2019, senza prendere in consi- derazione le osservazioni sul de- dito pubblico, ci troviamo assolu- tamente perplessi per quanto ri- guarda quanto scritto sull’euro, in particolare per i ragionamenti sul- la svalutazione. Quando si afferma che l’euro a- vrebbe danneggiato le esporta- zioni del nostro paese non si tie- ne conto di alcune questioni im- portanti. 1. La svalutazione della moneta nazionale nei confronti delle altre vuol dire che, con una unità di moneta straniera, si comperano più unità di moneta nazionale. Per esempio, un tempo si comperava- no più lire con un dollaro, quindi gli americani avevano maggior convenienza a comperare in Ita- lia; di qui la maggior competitività delle nostre esportazioni. Per contro, poiché per comprare un dollaro erano necessarie più lire, tutte le materie prime con prezzi in dollari, a partire dal petrolio, co- stavano di più agli italiani. Se dun- que oggi non avessimo l’euro, con il formidabile aumento dei prezzi del petrolio avvenuto negli scorsi anni - e che è prevedibile perduri - il costo di spese essen- ziali, quali per esempio il riscalda- mento delle abitazioni e dell’e- nergia elettrica, graverebbe ben di più sulle famiglie. 2. La svalutazione della moneta porta all’inflazione interna e dila- pida i risparmi delle persone cioè il valore del loro lavoro accumula- to negli anni; di fatto l’inflazione ri- duce il potere di acquisto delle persone. Riuscire o non riuscire a difendersi dipende dalla più acci- dentale distribuzione del potere contrattuale tra i lavoratori. I bei tempi delle svalutazioni spingevano i «semplici» a ritenere di star bene in quanto c’era lavo- ro, ma non erano in grado di sa- pere che tale situazione era in buona parte sostenuta artificial- mente dalla cosiddetta competiti- vità dei prezzi che era permessa proprio da quelle svalutazioni. Tornando però all’euro, in que- sti anni il problema italiano non sono state le esportazioni, au- mentate dal 18% del Pil del 2009 a oltre il 25% del 2017. L’errore è nel credere che le nostre imprese debbano competere con la svalu- tazione della moneta nazionale, mentre ne hanno bisogno soltan- to le imprese incapaci di miglio- rarsi attraverso la qualità dei loro prodotti e l’innovazione. La vera carenza dell’economia nazionale è l’incapacità di creare un numero sufficiente di imprese che diano lavoro qualificato, so- prattutto ai giovani, e siano in gra- do di competere grazie all’inno- vazione dei loro prodotti, non at- traverso il basso costo del lavoro che permette bassi prezzi. La carenza di imprese deriva, certamente anche dalla inefficien- za della pubblica amministrazio- ne, ma soprattutto dalla insuffi- ciente capacità imprenditoriale. Non possono essere suscitate se non si riesce a cogliere e pro- muovere l’aspetto nobile dell’atti- vità imprenditoriale: dare lavoro e soddisfare, con l’innovazione e le tecniche, i bisogni reali delle per- sone. Grazie per l’attenzione Piercarlo Frigero e Gian Carlo Picco, Torino, 07/06/2019 Questa email era finita nel di- menticatoio per un disguido. Sol- lecitato dagli autori, l’ho girata a Francesco Gesualdi, che così ha risposto. «Ringrazio per le precisazioni che sono incontestabili. La svalu- tazione inevitabilmente ha effetti di lievitazione sui prezzi interni, specie se il paese dipende dall’e- stero per le materie energetiche. Ciò non di meno, è altrettanto in- negabile che nell’immediato può avere la capacità di rilanciare le e- sportazioni perché rende le pro- prie merci più convenienti da un punto di vista valutario. Appurati gli effetti, decidere se svalutare o

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