Missioni Consolata - Marzo 2020

L’astensione tuttavia pesava come un macigno. Nella lista figuravano molti paesi industrializzati come Stati Uniti, Canada, Svezia, Regno Unito, Austria, Israele, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Giappone. Le motivazioni? L’assenza di basi legali sufficienti a livello internazionale e la scarsa chiarezza sulle responsabilità e gli obblighi dei governi firmatari. Una posizione ritenuta dagli stati sostenitori - come Germania, Italia, Spagna e Belgio - sintomo dell’impossibilità di un impe- gno comune e di mancanza di visione. [...] Dopo il riconoscimento dell’Assemblea gene- rale delle Nazioni unite, il quadro giuridico è stato integrato da risoluzioni del Consiglio dei di- ritti umani che hanno esplicitato formalmente il legame tra «il diritto umano all’acqua» e il livello di vita adeguato per tutti, così come la diretta re- lazione tra la risorsa idrica e il diritto alla vita e alla dignità. Gli stati avrebbero dunque la re- sponsabilità primaria di assicurare la piena rea- lizzazione di tutti i diritti umani, e la concessione della gestione dell’acqua potabile e/o dei servizi igienico sanitari a terzi non esime lo stato dai suoi obblighi sui diritti umani. Nel 2013 però l’Assemblea generale ha declinato le modalità con cui gli stati dovrebbero garantire tale diritto, che prevedono un processo consul- tivo con i cittadini, il monitoraggio della diffu- sione dell’accesso all’acqua potabile, e la garanzia di un’accessibilità ai servizi idrici, anche se gestiti da enti terzi come i privati. Unica nota positiva: nello stesso anno viene estesa al diritto all’acqua l’opzione della giustiziabilità, secondo Acque e ladri MC marzo 2020 49 cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi, tramite il Patto inter- nazionale relativo ai Diritti economici, sociali e culturali, un trattato delle Nazioni unite nato dall’esperienza della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e sottoscritto e ratificato da tutti i membri dell’Onu. Pur avendo fatto dei passi avanti nello scenario giuridico con risoluzioni esplicite e strumenti in- terpretativi che hanno definito il diritto all’acqua come diritto umano, quindi universale, auto- nomo e specifico, questo riconoscimento resta a tutt’oggi sancito solo in termini «declaratori» [...]. Da qualche anno il dibattito internazionale della dottrina sta cercando di superare i limiti burocra- tici e politici che non consentono un impegno più stringente da parte degli stati per garantire efficacemente l’accesso all’acqua potabile in ogni area del mondo, tutelando quindi la vita, la sa- lute e il benessere di intere comunità. Secondo buona parte degli studiosi di diritto internazio- nale, il diritto all’acqua dovrebbe essere ricono- sciuto tra le cosiddette norme consuetudinarie, che presuppongono due elementi: la ripetizione costante nel tempo di un dato comportamento da parte dei soggetti e il convincimento che quel comportamento sia conforme a diritto o a neces- sità. A differenza dei trattati inoltre, validi solo nei rapporti tra le parti, le norme consuetudina- rie obbligano in via sanzionabile tutti i soggetti internazionali al comportamento a cui si fa riferi- mento. Sarebbe dunque un decisivo passo avanti per poter successivamente declinare nei vari paesi vincoli precisi per gli stati. Ha firmato questo dossier: EMANUELE BOMPAN Giornalista ambientale e geografo. Si oc- cupa di economia circolare, cambiamenti climatici, ambiente, energia. È direttore della rivista Materia Rinnovabile, collabora con testate come La Stampa, Nuova Ecolo- gia, Oltremare. Ha vinto per quattro volte l'European Journalism Center IDR Grant, una volta la Middlebury Environmental Journalism Fellowship ed è stato nominato Giornalista per la Terra 2015. Ha svolto reportage in 76 paesi, sia come giornalista che come analista. www.emanuelebompan.it/ A CURA DI LUCA LORUSSO giornalista redazione MC. FOTO DELLE COPERTINE: Pag. 35. Sudafrica. Miniere di carbone nella regione siccitosa di eMalaheleni. Pag. 50. In Palestina le comunità beduine sono costrette dai soldati israeliani a com- prare l’acqua per la propria sopravvivenza. Qui: Nepal. Dho Tarap, uno dei villaggi più alti del mondo, 4200 m slm, esposto a scarsità idrica.

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